Vola l’export del cibo, Confindustria: “continuamo a puntare sull’Europa”
I consumi alimentari hanno chiuso i primi nove mesi del 2013 ancora con il freno tirato, cedendo nei volumi l’1,7% su base annua.
Avanzano invece a un ritmo sostenuto le esportazioni agroalimentari, con gli ultimi aggiornamenti che da gennaio a settembre indicano una crescita del 5,8%, grazie ai progressi riscontrati per tutti i principali prodotti del made in Italy.
Sono dati messi in luce da “AgrOsserva”, l’Osservatorio Ismea-Unioncamere sulla congiuntura del settore agro-alimentare. Dati che confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, come la produzione di cibo di qualità sia diventato il vero cavallo di battaglia dell’economia italiana.
“L’agroalimentare è un settore strategico per il rilancio dell’economia nazionale – ha detto in proposito il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – In questi anni di crisi, grazie alla proiezione sull’estero di tante produzioni alimentari italiane di qualità, ha dato un contributo importante alla tenuta del Paese”.
Alessandro Ciccioni, riferimento per il settore alimentare di Confindustria Piemonte, ricorda come il brand Made in Italy sia il secondo al mondo dopo la Coca Cola e che proprio le esportazioni stanno compensando la stagnazione del mercato interno. “L’appeal del Made in Italy sta nella serietà riconosciuta dei produttori – ricorda l’imprenditore biellese – Un valore che va difeso abbinandolo ai brand territoriali”.
E in questo, il Piemonte si sta guadagnando sempre più uno spazio di primo piano. “Ormai ci sono prodotti come il vino e i formaggi dove il Piemonte è scelto proprio per il richiamo di qualità del suo territorio e delle sue tradizioni abbinate a questi prodotti. Ed è ai mercati che sono più in grado di riconoscere il brand Piemonte accanto alle etichette dei prodotti che bisogna rivolgersi”.
Quindi meglio cercare spazi maggiori tra quegli europei che conoscono il Piemonte piuttosto che tra i numeri sterminati della potenziale clientela asiatica. “Non è facile in questo momento ma il consiglio è quello di continuare a vendere i nostri prodotti alimentari in Europa dove la qualità piemontese è apprezzata. Forse i nuovi marchi possono provare ad entrare tra i consumatori cinesi e indiani; ma ricordiamoci che questi sono tipologie di consumatori ancora troppo poco conosciute e che richiedono come aspetto essenziale alti volumi di fornitura che le piccole imprese non sono in grado di garantire”.
Ma l’obiettivo di medio termine è mettere insieme qualità e quantità. “I brand territoriali (Langhe, Biellese, Astigiano, Vercellese etc.) possono riunire sotto un unico “marchio ombrello” reti di produttori che mantengono le proprie etichette ma che, insieme, riescono a fornire i quantitativi senza i quali si sta fuori dai mercati asiatici e sudamericani. Si tratta di approcciarsi al mercato globale offrendo prodotti di livello nelle quantità necessarie a soddisfarlo”.