Troppo Parmesan in Masterchef
La guerra senza confini tra Parmigiano e Parmesan finisce anche in TV. Nelle ricette proposte dalla seguitissima trasmissione Masterchef nei diversi continenti, dall’Australia agli Stati Uniti, si parla infatti troppo spesso di Parmesan invece che di Parmigiano Reggiano o di Grana Padano.
Basta fare un giro per i siti web ufficiali della trasmissione per accorgersi come si faccia riferimento all’ingrediente Parmesan anche quando si presentano ricette italiane. E’ il caso di Masterchef Australia con la sua “Pasta con mais, erbe e Parmesan” e il “Risotto al Parmesan con uovo cotto in camicia” o addirittura di “Pomodoro basilico e bruschetta al Parmesan. La situazione non cambia In Usa con la “Pasta condita con olio di oliva e Parmesan” o il “Pollo al Pamesan”.
Una situazione, questa, piuttosto sgradevole, che alimenta una grave incertezza sulla reale origine dei prodotti utilizzati poiché il Parmesan è l’imitazione più diffusa del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano nel mondo, con una produzione che solo negli Stati Uniti tra Wisconsin, California e New York arriva a 120 milioni di chili all’’anno; ma elevati quantitativi si realizzano anche in Australia dove si commercializza addirittura Parmesan con il marchio Perfect italiano, che non ha nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale.
Si tratta di imitazioni che fanno concorrenza sleale al vero Parmigiano Reggiano che è realizzato secondo un disciplinare approvato dall’Unione Europea che prevede tra l’altro che il latte provenga da determinate zone del territorio nazionale, il divieto nell’uso di insilati, additivi e conservanti nell’alimentazione del bestiame, una stagionatura che varia da 12 a 24 mesi, l’impiego di 14 litri di latte per produrre un chilo di formaggio e 550 per produrre una forma dal peso medio di 40 chili.
Che anche una trasmissione televisiva come Masterchef, seguita da milioni di spettatori a livello internazionale, non rispetti la tradizione produttiva italiana, ha scatenato numerose critiche. Tra queste si alza la voce di Coldiretti secondo cui la “cucina ha un grande valore culturale ed è chiamata a svolgere un valore un ruolo determinante nel difendere far conoscere le tradizioni alimentari e con esse la vera identità dei prodotti impiegati”. Per questo, Coldiretti richiede un intervento immediato delle istituzioni, affinché l’occasione dell’Expo 2015 serva anche per valorizzare il grande potenziale inespresso della cucina italiana dentro e fuori i confini nazionali.