Tra sprechi e doggy bag, in Italia cambia lo stile di consumo alimentare
Mentre la Francia dichiara guerra agli sprechi alimentari ( è notizia recente che i supermercati transalpini saranno costretti a donare, ridurre in concime o dare via come foraggio per gli animali ogni tipo di cibo che non viene venduto) in Italia la strada da fare è ancora molto lunga.
Se è vero, dati alla mano, che sei connazionali su dieci hanno diminuito o eliminato gli sprechi domestici nel 2014, tuttavia ogni italiano, in media, ha buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno.
A fotografare la situazione critica, ma in miglioramento, dei nostri stili di consumo è stata Coldiretti secondo cui, tra chi ha tagliato gli sprechi, il 75% fa la spesa in modo più oculato, il 56% utilizza gli avanzi nel pasto successivo, il 37% riduce le quantità acquistate, il 34% guarda con più attenzione la data di scadenza e l’11% dona in beneficenza.
Anche il fenomeno, molto americano, della doggy bag sembra iniziare a prendere piede, con un italiano su tre che non ha problemi a portarsi a casa gli avanzi del ristorante
Anche la ristorazione sta cominciando ad accompagnare questo nuovo trend culturale: in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, si chiede riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite, e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc.
A livello mondiale, invece, un terzo del cibo prodotto viene sprecato, per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate. Numeri che fanno riflettere e che sarebbero ampiamente sufficienti a sfamare la popolazione che soffre di fame cronica.
E non si tratta solo di uno sperpero di alimenti. Ogni anno il cibo sprecato consuma un volume di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga, utilizza 1,4 miliardi di ettari di terreno – quasi il 30% della superficie agricola mondiale – ed è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.