Torino, vittoria dei comitati genitori, a scuola si potrà portare il cibo da casa
Sparisce il dovere di fare mangiare i bambini alla mensa scolastica.
I comitati del genitori contro il Caro Mensa di Torino vincono in appello la loro battaglia che dalla protesta contro le tariffe ritenute troppo care si era spostata sul “diritto al panino”, cioè sul diritto dei genitori di non fare consumare ai figli il pasto della mensa.
Dopo avere perso con il Tar nell’agosto del 2014 e la prima sentenza del Tribunale i comitati, grazie all’assistenza legale dell’avvocato Giorgio Vecchione, hanno continuato la loro battaglia per potersi svincolare da quello che questi genitori hanno sempre ritenuto uno scippo del proprio dovere di accudimento e di educazione da parte dell’istituzione scolastica.
Ora le scuole dovranno prevedere uno spazio dove fare mangiare anche il cibo portato da casa, senza costi aggiuntivi per i genitori.
La sentenza della Corte d’Appello di Torino arriva il giorno dopo la notizia sui controlli effettuati dal Nas del carabinieri che hanno riscontrato carenze in molte mense scolastiche italiane. Per questo, pesa ancora di più l’interrogativo su come si potrà garantire quella sicurezza alimentare che è uno degli argomenti che maggiormente interessa alle famiglie quando si parla di mense scolastiche.
Saranno gli stessi genitori che dovranno assicurare che il panino, la pizzetta, la pasta dentro il Frigoverre, non siano stati esposti a contaminazioni di bacillus cereus o altri patogeni tipici del cibo mal conservato. Con la mensa, infatti, c’è una ditta che risponde penalmente, che viene sottoposta a controlli di filiera, che deve rispettare un preciso disciplinare e che è sottoposta a controlli dell’Asl di riferimento.
I cibi portati da casa, al contrario, potranno non essere sottoposti ad abbattimento della temperatura, potranno avere subito sbalzi termici durante il trasporto in auto e dopo la preparazione della sera prima in casa, soprattutto non dovranno rispondere a precisi requisiti nutrizionali. E, dunque, quello che costa una denuncia per la società che gestisce la mensa, sarà lecito per quegli stessi genitori che, magari, chiedono più sicurezza alimentare a scuola.
La sentenza arriva anche in un momento in cui una parte della politica chiede l’allargamento del servizio mensa scolastica anche alle medie e, possibilmente alle superiori. L’opinione sempre più diffusa è che, attraverso l’obbligo della mensa, si possa fare educazione alimentare e si possa somministrare una dieta equilibrata. Con la mensa, si dice, si combattono l’obesità infantile e si educa il futuro adulto a mangiare meglio.
Le Asl, infatti, devono approvare i menù scolastici in base a precise tabelle nutrizionali stilate dai servizi medici di dietetica. Al di fuori della mensa scolastica la scienza dietetica è nelle mani dei genitori che rischiano di adottare come criteri prevalenti per dare da mangiare ai figli: il cibo più comodo, il cibo che piace di più al bambino o quello che è avanza dalla cena del giorno prima.
Quello che viene rivendicato come un diritto di libertà genitoriale, potrebbe diventare il far west nutrizionale e mandare a monte le faticose politiche alimentari adottate dai Comuni verso i più giovani.
Certo, non è ancora scritta l’ultima sentenza (che spetterà alla Cassazione) la Corte d’Appello di Torino a suo modo ha affermato un diritto che forse va al di là del merito della sentenza: quello di potersi svincolare da un obbligo imposto da un servizio pubblico a tutela della salute dei bambini. Un diritto che viene riportato in toto nelle mani delle famiglie, anche di quelle più divise e disattente.
Per scendere nei particolari, la Corte d’appello di Torino presieduta dal Luigi Grimaldi, nella sentenza ha accertato «il diritto degli appellanti di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell’ambito delle singole scuole e nell’orario destinato alla refezione».