Torino, mele, formaggio, erbette, i bambini a lezione al mercato
In giro tra le 80 bancarelle del mercato dei contadini di Porta Palazzo, che da 98 anni, ospita sotto le sue celebri tettoie liberty i contadini che vengono qui a vendere direttamente i propri prodotti.
Per i bambini della IV E dell’elementare Perotti di Barriera di Milano, una lezione fuori dai banchi, accompagnati dall’assessora alle politiche educative del Comune di Torino, Mariagrazia Pellerino e dai funzionari della Coldiretti.
Il 27 marzo, la loro, era stata la scuola al centro di un nuovo caso di intossicazione alimentare, dove sembrava che fossero stati serviti, alla mensa, filetti di platessa contaminati da un batterio. Poi, la scoperta che il pesce era sano e che i sintomi per i quali 4 bambini avevano fatto ricorso al Pronto Soccorso erano da ricercarsi in altre cause.
Sta di fatto che, quest’anno, la Scuola elementare Perotti, di via Mercadante a Torino, sta davvero vivendo da protagonista che cosa significa alimentarsi in modo corretto, cosa significa sicurezza alimentare e cosa vuol dire la ricerca della qualità nei prodotti alimentari.
La Perotti è una delle 7 scuole torinesi che partecipa al progetto “Il menù l’ho fatto io”, messo in piedi dall’Assessorato alle politiche educative del Comune di Torino con l’Assessorato agricoltura della Provincia di Torino.
Il progetto dura 2 anni: è iniziato alla fine dell’anno scorso con l’aggiornamento degli insegnanti e terminerà in autunno con la redazione di un menù per la mensa scolastica, stilato, appunto, dai bambini.
In mezzo, un percorso complesso che ha visto i bambini recarsi in visita alla “cascina didattica Falchera”, all’agriturismo “Il frutto è permesso” di Bibiana, in un supermercato Crai e Pam e partecipare a incontri con dietiste dell’Asl ed esperti di sicurezza alimentare del laboratorio chimico della Camera di Commercio, fino alla lezione con Elena Di Bella, dirigente del servizio agricoltura della Provincia e alla visita al mercato dei contadini di Porta Palazzo per conoscere i prodotti a Km zero.
In questo spazio mercatale, da sempre al centro della torinesità più popolare, i bambini hanno incontrato i gestori dei banchi, alcuni dei quali sono figure storiche del mercato con oltre 60 anni di attività mentre altri sono presenti da più generazioni.
“Qui ci sono 102 stalli, cioè spazi a disposizione per i banchi – hanno spiegato Umberto Tresso e Pier Franco Mosca di Coldiretti – Molte aziende agricole, però, hanno bisogno di due stalli. I produttori portano la propria frutta, le proprie verdure, le proprie uova, il miele e formaggi freschi. Arrivano dalla provincia di Torino, tranne qualcuno dalla provincia di Asti e Cuneo. Qui il prodotto non ha percorso molti chilometri per finire sul banco. Le verdure sono fresche, raccolte il pomeriggio del giorno prima, e durano 5-6 giorni in frigo. Non sono come le verdure del supermercato”.
I titolari dei banchi della tettoia dei contadini sono ormai abituati ad essere al centro dell’attenzione. È su questo pezzo di Porta Palazzo che si concentrano spesso gastronomi, giornalisti del gusto, teorici dello sviluppo sostenibile, per dimostrare che Torino è anche città del Km zero e del rapporto con le sue campagne.
I bambini ascoltano Gianni Lana, azienda agricola a Rivalba sulle colline torinesi, che con suo figlio è alla terza generazione di banco, che spiega le verdure. Imparano a conoscere le diverse varietà di mele e pere al banco della famiglia Peradotto di Valperga nel Canavese, altra istituzione del mercato. Scoprono come si fa il miele dalla voce di Alessandro Milanesio, apicoltore di Bra. Assaggiano il grana che gli offre Valentina delle Fattorie Fiandino di Villafalletto (CN), ascoltano la fioraia, il venditore di piantini da orto, la spiegazione sulle uova.
“Per la classe è un’esperienza importante – racconta Rosa Giusa, la maestra – Nelle uscite didattiche hanno toccato con le loro mani le piante e gli animali da cui arrivano i prodotti alimentari; hanno imparato a riconoscere i prodotti di stagione; hanno visto come si coltiva e soprattutto hanno imparato a leggere le etichette. Ora, sono molto più attenti di prima agli ingredienti, e sono in grado di capire che non sempre la marca è sinonimo di qualità”.
A sentirli direttamente, i bambini, sono dei divoratori di frutta, conoscono persino il miele; ma a cercare di avere le prime indiscrezioni sul menù che scriveranno il prossimo anno, le verdure rischiano di restare fuori dal piatto a favore della cotoletta e del petto di pollo, superstar, e di quel piatto di pasta che, curiosamente, indicano poi come l’esempio della cena che cucina la mamma “quando non ha tempo e prepara qualcosa di corsa”.
Insomma, il gusto di una generazione e l’abitudine alla scarsa diversificazione sono difficili da scardinare.
Il progetto Il menù l’ho fatto io è stato attivano nelle 7 scuole dove, attraverso un’indagine interna “customer”, era era stato verificato il maggiore spreco alimentare.
“L’idea è quella di responsabilizzare i bambini attraverso un percorso che faccia comprendere quante cose stanno dietro al pasto che consumano a mensa – spiega l’assessora Mariagrazia Pellerino – Vedranno, anche, quanto sarà difficile accontentare i gusti di tutti quando si tratterà di decidere il menù che vorranno mangiare, menù che sarà comunque approvato dalle dietiste dell’Asl. Ma il progetto vuole anche rappresentare una città che è sempre più in contatto con la campagna: città e campagna, due contesti diversi uniti proprio dal cibo e che devono sempre più dialogare anche nell’ottica della prossima Città metropolitana”.
Dopo le tante polemiche sul nuovo capitolato mense del Comune di Torino, il progetto serve anche a spiegare meglio alle famiglie la scelta politica che sta dietro a verdure e carne a Km zero, prodotti bio, pasti veicolati da mezzi a Gpl.
“Siamo una delle poche città italiane ad avere utilizzato le mense scolastiche come vera leva di sviluppo sostenibile. Siamo anche la città che sta sostituendo, tra mille difficoltà, piatti e posate usa e getta con quelli lavabili. Vogliamo fare capire ai bambini da dove arrivano il broccolo, l’uovo, la mela ma anche cosa vuol dire mangiare sano e nel rispetto dell’ambiente. E magari saranno proprio i bambini, parlandone a casa, a spiegare ai genitori cosa vuol dire la qualità, cosa vuol dire mangiare sano, anche in mensa”.
Nell’attesa, sono ancora forti le polemiche per l’adozione della stoviglie lavabili (“sono lavate male”, è l’accusa) e per un servizio dove troppo spesso i pasti non sono alla temperatura giusta o non incontrano il gradimento dei bambini. E poi, alla stessa Perotti, dopa la “falsa” accusa alla platessa, sono i bambini a dire che il pesce non lo vogliono più mangiare. E per molti di loro le famiglie hanno addirittura scelto di farli mangiare a casa.
Insomma, tra Comune e famiglie, la pace della mensa è ancora lontana.