Torino, l’organico si smaltisce in Veneto
A Torino e in provincia, oltre il 20% degli scarti di cibo che vengono gettati nei cassonetti dell’organico finisce in discarica.
Parti vegetali, ossi, lische di pesce, pane secco e cibo scaduto: tutto questo dovrebbe diventare compost, ma la qualità è talmente scarsa che, dal complicato e costoso sistema della raccolta differenziata, il nostro organico non accettato dai centri di trasformazione si fa un nuovo viaggio per finire in discarica insieme all’indifferenziato. Troppo vetro, troppa plastica, insomma troppe impurità che potrebbero sporcare il concime prodotto con i nostri scarti.
Ma anche buona parte dell’organico che viene riciclato correttamente deve comunque fare un viaggio in camion fuori regione, perché intorno a Torino non ci sono impianti sufficienti per trasformarlo in concime.
I residui alimentari che noi torinesi conferiamo nel cassonetto marrone vanno a Pinerolo oppure in provincia di Alessandria e in provincia di Cuneo. Quelli della cintura ovest e di Ciriè vanno in provincia di Padova; quelli della valle di Susa vanno anche loro in Veneto; quelli delle altre zone della provincia vengono smaltiti tra nelle province di Novara, Asti e Vercelli. Solo il Pinerolese conferisce in proprio, all’impianto di compostaggio di Pinerolo gestito da Acea.
Gli impianti esistenti in provincia di Torino, in realtà sarebbero tre, ma due (Borgaro e Druento) sono chiusi per problemi di funzionamento e vengono utilizzati solo come depositi in attesa dello smaltimento del materiale.
La produzione di organico, per la provincia di Torino è di circa 135 mila tonnellate l’anno. Per il Piemonte è di quasi 248 mila tonnellate. Rispetto al 2011 c’è stato un calo di quasi 6.500 tonnellate per effetto della riduzione degli sprechi alimentari dovuta alla crisi. Attualmente la previsione per il prossimo anno è di 140 tonnellate equivalenti a 75 Kg l’anno per abitante.
“Per coprire il fabbisogno di compostaggio anche in previsione del miglioramento del sistema di raccolta differenziata dovremmo arrivare a una capacità di 170 mila tonnellate l’anno”, precisa Paolo Foietta, presidente di Ato-R, l’authority per la gestione dei rifiuti in provincia di Torino.
Per smaltire l’organico si spendono tra gli 85 e i 95 euro per abitante. Più si porta lontano e più costa. Un costo che, naturalmente, paghiamo noi cittadini con la tariffa rifiuti.
Ma una volta che tutto il nostro organico diventa ottimo concime, che cosa ce ne facciamo? Chi se lo prende?
“Il compost di qualità oggi si vende bene – spiega ancora Foietta – Viene mescolato con strutturanti (10 Kg di compost con 40 Kg di terriccio minerale ndr) ed è richiesto in misura sempre maggiore dalle aziende florovivaistiche liguri di Albenga e Sanremo. Ma, soprattutto nel Pinerolese, è sempre più utilizzato anche nei campi, sparso in piena terra come ammendante”.
Ma se il compost non è rappresentato solo da concime puro, e presenta parti non biodegradabili, non incontra il favore degli agricoltori e resta invenduto. C’è quindi un problema di qualità, che si ripercuote sul riciclaggio.
E la qualità è ormai parte del sistema. Oggi sono gli stessi digestori ad essere predisposti soltanto per la trasformazione in compost di un organico “pulito”. Quindi, i residui alimentari “sporchi” non c’è verso di riciclarli. Gettare via nell’organico una confezione di pollo scaduta, con tanto di vaschetta, significa farle fare il giro due volte. Prima va all’impianto; qui viene scartata e quindi viene spedita in discarica. Tanto valeva gettarla subito nell’indifferenziato.