Di Marco Panzarella
Massimo Bottura, appena premiato come lo chef migliore del mondo le cucina abitualmente. Dunque rilanciare il consumo delle carni di selvaggina, sane, nutrienti e a km zero e la caccia responsabile è possibile. Ed è uno degli obiettivi della Fondazione Una (uomo, natura, ambiente), che ha partecipato all’ultima edizione di Terra Madre – Salone del Gusto di Torino con un evento organizzato alla Piazza dei Mestieri “Selvatici e birra”, dedicato proprio alla selvaggina e all’uso intelligente della caccia, «che – come ha dichiarato il presidente della Fondazione Nicola Perrotti – se utilizzata in modo responsabile, può contribuire a conservare le biodiversità e tutelare l’ambiente».
Tra i protagonisti della degustazione, Michele Milani, autore di alcuni libri dedicati alla cucina di selvaggina, che ha ricordato come questo alimento appartenga alla tradizione italiana e rappresenti una risorsa per la cucina contemporanea.
Carni buone e facili da cucinare «soprattutto se cotte per poco tempo». Insieme ai ragazzi della Piazza, Milani ha proposto un carpaccio di daino e delle polpette di cinghiale, il tutto accompagnato dalla birra artigianale del posto.
«La selvaggina – ha aggiunto a margine – è una carne quasi priva di grassi, profumata e saporita. In Italia c’è una grande disponibilità di animali, soprattutto ungulati, ma ne consumiamo pochi. Eppure, ad esempio il daino, è venduto a un prezzo contenuto, soprattutto se confrontato ad ad altri tipi di carni meno pregiate».
Milani ha poi sfatato il luogo comune dell’odore di selvatico, ricordando che «se i passaggi dal momento dello sparo in avanti sono eseguiti correttamente non si sente affatto».
Infine il medico veterinario Roberto Viganò, dello Studio associato AlpVet, ha esaltato le qualità nutrizionali delle carni selvatiche «più sane rispetto a quelle degli animali allevati in modo intensivo e ricche di acidi grassi essenziali come l’Omega 3». Nessun problema anche riguardo alla sicurezza alimentare «a patto che il cacciatore sia formato adeguatamente nel trattamento delle carni, e dunque faccia le cose per bene e rispetti tutte le indicazioni che vengono insegnate ai corsi per andare a caccia e fanno parte delle domande d’esame per conseguire l’abilitazione venatoria».