Torino avrà la Food commission
Torino avrà finalmente una Food commission. Se parla da alcuni anni ed era un progetto che faceva capo alla disciolta Torino internazionale, ora viene ripreso dall’amministrazione Appendino. Se ne occuperà l’assessora Stefania Giannuzzi.
In questo modo, il Comune intende valorizzare il lungo lavoro di ricognizione svolto, nei tre anni passati, con la Città metropolitana (la dirigente Elena Di Bella) e l’Università (il professore Egidio Dansero con Alessia Toldo) che ha portato alla definizione di una ricerca che è anche un po’ un manifesto politico che definisce le politiche urbane del cibo. A questo lungo lavoro di ascolto di “Nutrire Torino metropolitana”, è stato dato seguito con le ricerche universitarie di preparazione a un vero e proprio atlante del cibo per l’area torinese e con il meeting mondiale Feed the cities svoltosi nel ottobre 2015.
Si tratta di costituire un organismo di lavoro che formuli proposte per rispondere al diritto dei cittadini a un cibo sano, di qualità e a costi contenuti. Un diritto riconosciuto dalla scorsa amministrazione anche nello statuto della Città modificato proprio per inserire questo nuovo principio fondamentale.
Non si sa ancora quando e come sarà costituita, ma certamente la Food commission cercherà di rappresentare tutti i soggetti che fanno parte del food sistem metropolitano di Torino e provincia. L’idea è di mettere insieme la città, che fin dal medioevo è il luogo principale dove si consumano gli alimenti e la campagna circostante, da cui gli alimenti, in teoria provengono. Poi i produttori e la distribuzione (mercati e Gdo), le istituzioni della sicurezza e sanità alimentare e quella di studio e ricerca, senza tralasciare le associazioni, a partire da Slow food e dai gruppi d’acquisto.
A Milano esiste già un organismo per il diritto al cibo metropolitano, per dare corso alla Carta per il diritto al cibo dei cittadini, firmata dai sindaci il 15 ottobre 2015 a fine Expo. Grazie a Expo e al Milan urban food policy pact il capoluogo lombardo, dai tempi del sindaco Pisapia, si è dotata anche di una vera e propria politica alimentare Ma il Milan urban food si occupa anche di progetti internazionali. Lo stesso patto prevede 37 azioni da mettere in campo con 130 città che in tutto sommano 450 milioni di abitanti impegnate a cambiare le proprie politiche alimentari.
Anche la Fao, dal 2001, si occupa di alimentazione urbana con il Programma Food for the cities che ha lo scopo di garantire la nutrition security all’interno delle aree urbane.
Ma sono sempre di più, nel mondo, le città che hanno propri organismi per dare corso a politiche alimentari locali che definiscono come rifornirsi di cibo di qualità e come fare da volano allo sviluppo agricolo dei territori circostanti. Baltimora, per esempio, ha un direttore delle food policy con risorse a disposizione per 2 milioni di dollari. Toronto ha un Consiglio alimentare già dagli anni ‘90. Poi esistono Food council a Londra, Bristol, Citta del Messico, Vancouver, Austin, Rotterdam, Hong Kong (dove il Food council fa anche intermediazione tra aziende e sistema produzione alimentare).
Nel mondo, insomma, ci son o già molti Food council, uffici che seguono le politiche alimentari territoriali, e sono concentrate in Europa, Sud America e Usa, dove sono presenti in ben 280 città, segno che anche nella patria del junk food il cibo inizia ad essere preso come una faccenda davvero seria.