Sentenza della Corte Ue: cereali, frutta e verdura mutanti sono OGM
Frutta, verdura e cereali “mutanti”, prodotti in laboratorio d’ora in poi dovranno essere considerati a tutti gli effetti OGM, senza più aggirare la normativa europea.
A differenza della transgenesi, la mutagenesi è un insieme di tecniche che consentono di modificare il genoma di una specie vivente senza inserire DNA estraneo. Le tecniche di mutagenesi hanno consentito di sviluppare varietà di sementi resistenti a erbicidi selettivi.
La Confédération paysanne è un sindacato agricolo francese che difende gli interessi dell’agricoltura contadina. Assieme ad altre otto associazioni, ha presentato dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato francese) un ricorso contro la normativa francese che esenta gli organismi ottenuti mediante mutagenesi dagli obblighi imposti dalla direttiva sugli organismi geneticamente modificati (OGM)
In particolare, tale direttiva prevede che gli OGM devono essere
autorizzati dopo una valutazione dei rischi che presentano per la salute umana e l’ambiente e li sottopone a requisiti di tracciabilità, di etichettatura e di
monitoraggio.
La Confédération paysanne e le altre associazioni invocano il fatto che le tecniche di mutagenesi sono cambiate col tempo. Prima dell’adozione della direttiva sugli OGM, si utilizzavano solo metodi di mutagenesi tradizionali o casuali applicati in vivo su piante intere.
Il progresso tecnico ha poi portato all’emergere di tecniche di mutagenesi
in vitro che consentono di procedere a mutazioni mirate al fine di ottenere un organismo resistente a taluni erbicidi. Orbene, per la Confédération
paysanne e le altre associazioni, l’utilizzo di varietà di sementi rese resistenti a un erbicida comporta un rischio di danni importanti per l’ambiente così come per la salute umana e animale alla stessa stregua degli OGM ottenuti attraverso transgenesi.
È in tale contesto che il Conseil d’État ha invitato la Corte di giustizia a stabilire, in sostanza, se gli organismi ottenuti mediante mutagenesi siano OGM e se siano soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva sugli OGM.
Con l’odierna sentenza, la Corte considera, innanzitutto, che gli organismi ottenuti mediante mutagenesi sono OGM ai sensi della direttiva sugli OGM, nei limiti in cui le tecniche e i metodi di mutagenesi modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità che non i realizzano naturalmente.
Ne consegue che tali organismi rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della direttiva sugli OGM e sono soggetti agli obblighi previsti da quest’ultima.
La Corte constata, tuttavia, che dalla direttiva sugli OGM emerge che quest’ultima non si applica agli organismi ottenuti per mezzo di determinate tecniche di mutagenesi, ossia quelle che sono state utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza. Tuttavia, gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare in tale settore nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci.
Quanto alla questione se la direttiva sugli OGM possa applicarsi anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi apparse successivamente alla sua adozione, la Corte ritiene che i rischi legati all’impiego di tali nuove tecniche di mutagenesi potrebbero risultare simili a quelli derivanti dalla produzione e dalla diffusione di OGM tramite transgenesi, in quanto la modifica diretta del materiale genetico di un organismo tramite mutagenesi consente di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione di un gene estraneo nell’organismo (transgenesi) e in quanto tali nuove tecniche consentono di produrre varietà geneticamente modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi.
Tenuto conto di tali rischi comuni, escludere dall’ambito di applicazione della direttiva sugli OGM gli organismi ottenuti mediante le nuove tecniche di mutagenesi pregiudicherebbe l’obiettivo di tale direttiva consistente nell’evitare gli effetti negativi sulla salute umana e l’ambiente e violerebbe il principio di precauzione che la direttiva mira ad attuare. Ne consegue che la direttiva sugli OGM si applica anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi emerse successivamente alla sua adozione.
Infine, la Corte esamina la questione se le varietà geneticamente modificate ottenute mediante mutagenesi debbano soddisfare una condizione prevista da un’altra direttiva dell’Unione secondo cui una varietà geneticamente modificata può essere ammessa nel «catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole le cui sementi o i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati» solo se sono state adottate tutte le misure appropriate per evitare i rischi per la salute umana e l’ambiente. La Corte ritiene che la nozione di «varietà geneticamente modificata» debba essere intesa nel senso che essa fa riferimento alla nozione di “OGM” contenuta nella direttiva sugli OGM, cosicché le varietà ottenute mediante mutagenesi che rientrano in tale direttiva devono soddisfare la condizione suindicata. Invece, le varietà ottenute per mezzo di tecniche di mutagenesi utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza sono esentate da tali obblighi.
«E’ una sentenza storica sulla quale però dobbiamo vigilare a livello nazionale affinché anche in Italia ci sia un allineamento tra Nbt e Ogm e non si creino scappatoie dovute a interpretazioni discutibili. Tuttavia, se non fossero state equiparate agli Ogm sarebbe stato devastante per la trasparenza nei confronti dei cittadini e l’agricoltura di piccola scala rispettosa dell’ambiente e della biodiversità» dichiara Francesco Sottile del Comitato esecutivo di Slow Food Italia,