Petrini al G7: “Ci vogliono i ministeri del cibo”
Spostamento di grandi masse dalla campagna alla città, concentrazione della proprietà nella mani di pochissimi soggetti transnazionali, trasformazione della produzione di cibo in commodity globale. Carlo Petrini, presidente di Slow Food, tra i pochi relatori invitati a intervenire ai lavori del G7 dell’Agricoltura italiano, in corso a Bergamo fino a questo pomeriggio, mette l’accento sulle principali tendenze che caratterizzeranno il mondo dell’agricoltura e dell’alimentazione nei prossimi anni e lancia un appello ai ministri presenti:riconoscere piena dignità politica alla questione alimentare, creando uno specifico ministero dell’alimentazione.
«L’agricoltura ha e avrà un ruolo decisivo sul futuro della nostra umanità, sulla sua capacità di affrontare le sfide degli anni a venire e di garantire una vita degna o meno a tutti i suoi membri, sulla possibilità di vivere in armonia con l’ambiente o di distruggere la sua casa comune. Una delle tendenze principali è lo spostamento progressivo, già in atto da anni per la verità, di grandi masse di persone dalle campagne verso le città, soprattutto giovani, che sempre più difficilmente concepiscono il proprio progetto di vita in campagna» esordisce Petrini che individua le due principali cause di questo processo: «Negli ultimi anni il cibo ha perso valore e la gratificazione economica di chi lavora in campagna si sta riducendo al lumicino. Inoltre la qualità della vita nelle aree rurali non è più consona alle attese e alle prospettive dei giovani del XXI secolo, cresciuti in un contesto globalizzato, in connessione con il mondo».
Per affrontare compiutamente questi due fattori e invertire la tendenza, il fondatore dell’associazione Slow Food, un movimento fatto di piccole comunità presenti in 150 Paesi del mondo, lancia un appello ai ministri presenti a Bergamo: «È necessario concepire risposte internazionali e trasversali, anche in considerazione del fatto che negli ultimi anni stiamo assistendo alla progressiva e apparentemente inarrestabile concentrazione di potere nella filiera alimentare. I tempi sono maturi per chiedere con forza ai governi qui rappresentati di riconoscere la piena dignità politica alla questione alimentare, creando di conseguenza uno specifico ministero dell’alimentazione. Parlare di cibo infatti non può ridursi nell’ambito della produzione, al contrario ha ripercussioni e attinenze con l’economia, la sanità, la cultura, l’educazione».
Petrini non tralascia i grandi temi di dibattito economico e politico a livello internazionale, puntando il dito sull’impatto della produzione agricola sul nostro pianeta e sulla bilancia dei rapporti tra Paesi del Nord del mondo e Paesi in via di sviluppo: «La concentrazione e la massificazione della produzione alimentare favoriscono la trasformazione del cibo in commodity globale, deterritorializzata, producendo danni ambientali considerevoli e creando situazioni di dumping nei confronti delle produzioni locali. Noi, come abitanti e rappresentanti del cosiddetto Nord del mondo non possiamo evitare di sentirne il peso e il carico morale. Anche perché non c’è dubbio che la questione del cibo abbia una diretta e forte connessione con le nostre vite personali e con il nostro quotidiano. Basti pensare al tema dei flussi migratori, figli di conflitti e violenze che in molti casi risiedono nella lotta per il controllo di risorse idriche e alimentari sempre più scarse. Affrontare queste cause profonde significa dunque costruire, al di là di ogni retorica, una vera politica della pace. E non è solo un atto di carità o di altruismo: le nostre stesse comunità vivranno meglio se nella pratica sapremo essere costruttori di una nuova convivenza, fatta di reciprocità e di solidarietà».