Per Natale un bel tartufo di Alba
Per Natale? Un tartufo.
Ma non un “nero” qualunque. Il regalo vero è un bel tartufo bianco certificato di Alba, dal colore caffelatte e dal profumo intenso e ben strutturato come un buon vino. Un regalo ma anche un “invitato” di lusso per il pranzo della Festa o per il Cenone di fine anno.
Certo, il posto migliore per comprare un Tuber Magnatum Pico è proprio Alba, dove tra piazza Duomo e Piazza Savona è pieno di gastronomie langarole (po’ da turisti chic, per la verità) dove i preziosi tuberi fanno bella mostra nelle vetrine. Ma anche in tutti i paesi delle Langhe, del Roero, del Basso Monferrato (da Asti verso il Po) è pieno di negozi e di personaggi da romanzo che vendono tartufi, anche se nei paesi bisogna muoversi per tempo e magari ci si ritrova a un appuntamento semiclandestino che non è nemmeno ancora giorno.
L’importante è non farsi fregare.
Intanto, diciamo subito che questo è un anno eccezionale per il tartufo.
Le piogge della primavera, l’estate non così rovente e le temperature miti che hanno accompagnato un autunno anche questo abbastanza piovoso, hanno creato le condizioni migliori per quel mix di umidità del suolo e di clima fresco ma non gelato, che è il massimo per fare fruttificare una tartufaia.
Visto che di tartufi ce n’è in abbondanza i prezzi sono anche relativamente bassi. Dai soliti 4-5 euro al grammo (stiamo sempre parlando di tartufo bianco, il nero costa un terzo), quest’anno le quotazioni sono sui 2-3 euro.
Per un paio di “grattatine” a testa (magari una sulla carne cruda e una sui tajarin) per 6 persone servono dai 18 ai 24 grammi. Quindi con un tartufo da 50 euro il pranzo di famiglia è a posto. E un bel regalo lo si può scegliere sul mezz’etto: da 100 euro.
La cosa più importante da prevedere è il giorno del consumo.
Il tartufo, a differenza di quanto si crede, è sempre un prodotto fresco e non si conserva se non per pochi giorni. Ma, anche se ben conservato, a partire dal quarto giorno inizia a perdere profumo e consistenza. Ricordiamo anche che il tartufo va sempre mangiato crudo, non si cuoce mai.
Quindi se lo dovete regalare il 24 dicembre dovete comprarlo il 22 o il 23, tenendo presente che dalla raccolta all’acquisto passano comunque almeno un paio di giorni.
“Un detto che abbiamo qui ad Alba dice che del tartufo si conserva solo il ricordo – ci ha confermato Mauro Carbone, direttore del Centro nazionale di studi sul tartufo di Alba – Il tartufo va consumato fresco. Ogni giorno che passa ha sempre qualcosa in meno. In ogni caso, il tubero non va mai inumidito. Si conserva in frigorifero nella zona a 4 gradi, dentro a un barattolo ben lavato e senza odori, avvolto in un velo di scottex asciutto”.
Il Centro di Alba con il sito www.tuber.it fornisce consigli, pubblicazioni e organizza corsi per “assaggiatori” (o meglio “annusatori”) di tartufo.
Il problema, infatti è saper scegliere sempre il tartufo che valga una spesa così ingente per un aromatizzatore alimentare.
“Intanto bisogna sentire la consistenza: il tartufo fresco è bello sodo, praticamente duro. Se inizia a diventare molle non è più fresco. Deve essere maturo, altrimenti non ha odore. Poi deve essere ben pulito e il più possibile sferico e uniforme, e poi deve avere un buon odore”.
L’odore del tartufo non è che faccia impazzire proprio tutti. Anzi, forse al primo assaggio ci saranno più amici e parenti che vi diranno “ma puzza!”. Il tartufo va conosciuto, e poi va “sentito” con calma.
Dal 1998 nell’ambito della Fiera internazionale del tartufo di Alba è nato il primo “panel” di assaggiatori professionisti, e da allora il Centro studi ha organizzato parecchi corsi aumentando di molto la professionalità dei ristoratori e commercianti delle Langhe e di molte altre parti d’Italia.
“L’odore del tartufo è stato studiato molto eppure in parte è ancora un mistero. Sappiamo che ci sono 140 profumi diversi. Un buon assaggiatore sa distinguere il mix di aromi. Ed è proprio il mix, cioè l’equilibrio, a dettare il profumo di un buon tartufo maturo e fresco. Non ci deve essere un odore che prevale troppo sugli altri e soprattutto non deve avere sentori di fermentato o di ammoniaca. Se sa troppo di gas, vuol dire che si sta avvicinando alla putrefazione”.
I composti prevalenti dell’odore del tartufo sono: gli alcoli, gli aldeidi, i chetoni, gli esteri e soprattutto i composti dello zolfo che sono proprio quelli che caratterizzano maggiormente il profumo. E anche riguardo al leggendario potere afrodisiaco del tartufo, un po’ di vero ci sarebbe anche. Sono, infatti, presenti anche feromoni steroidei che hanno un certo potere subliminale, soprattutto sul sesso maschile.
Il mix classico è comunque quello di sentori di aglio, fieno appena tagliato, miele, fungo, terriccio. Ci deve essere soprattutto un equilibrio tra il sentore di aglio (qualcuno dice anche di metano) e quello del miele, se tra i due prevale troppo l’essenza di aglio il prodotto non è al top.
Abbiamo sempre parlato di tartufo “vero” e fresco. Un discorso a parte va fatto per i prodotti aromatizzati al tartufo, tipo pasta fresca e secca, creme tartufate, sughi etc. In questi prodotti il tartufo non c’è, perché non si sentirebbe e non si conserverebbe. Al suo posto c’è la molecola prevalente nel profumo che viene prodotta dalle industrie chimiche-alimentari e usata come additivo. Si tratta del bismetiltiometano, prodotto non tossico ma che non può certo sostituire l’unicum armonico di centinaia di sentori diversi di un bel tartufo bianco fresco.