Ogm, l’Europa decide per l’obiezione di coscienza
In Europa non passa la lobby Ogm.
I ministri dell’ambiente dei 28 stati membri hanno deciso di mantenere la libertà delle singole nazioni di vietare la coltivazione di piante geneticamente modificate come chiedevano Italia e Francia.
Dopo quattro anni di dibattiti lascia liberi gli Stati membri di coltivare o di vietare gli Ogm sul loro territorio.
La procedura che potrà essere perfezionata nel semestre di presidenza italiana con l’impegno del Ministro dell’Ambiente Luca Galletti realizza da subito una svolta profonda nel quadro normativo europeo. Il divieto di coltivazione da misura provvisoria e legata al principio di precauzione per motivi ambientali e sanitari diventa una decisione permanente assunta sulla base del modello di sviluppo che ogni singolo Paese intende sostenere.
Come è noto, lo scontro è tra mondo agricolo e industria delle sementi.
È vitale per i Paesi come Italia e Francia che basano il loro export anche sull’unicità dei loro prodotti alimentari storici, legati alla cultura e al clima locali, difendere le produzioni tipiche dalla banalizzazione che è un effetto collaterale dell’invasione Ogm.
“Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura – conferma il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo – non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy”.
Secondo una analisi della Coldiretti nell’Unione Europea nonostante l’azione delle lobbies che producono Ogm, nel 2013 sono rimasti solo cinque, sui ventotto, i paesi a coltivare Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), con appena 148mila ettari di mais transgenico MON810 piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna (136.962 ettari). Si tratta quindi di fatto di un unico Paese (la Spagna) dove si coltiva un unico prodotto (il mais MON810).
E poi la maggior parte dell’opinione pubblica è contraria agli Ogm.
“Oggi la maggior parte dei consumatori e dei produttori europei si muove in direzione opposta agli Ogm – ricorda la Confederazione italiana agricoltori – Non solo tre cittadini su cinque in Ue sono contrari ai cibi “biotech”, ma la stessa superficie agricola comunitaria dedicata alle colture geneticamente modificate è irrisoria, rappresentando lo 0,001 per cento del totale. Da parte nostra -spiega la Cia- non c’è un atteggiamento oscurantista o ideologico, né una preclusione nei confronti della ricerca, ma bisogna tutelare le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani. Il nostro “no” agli Ogm scaturisce dalla consapevolezza che la loro introduzione può annullare la nostra idea di agricoltura e il maggiore vantaggio competitivo che abbiamo all’estero.
D’altra parte, la domanda alimentare nel nostro Paese è chiara e netta: prodotti di qualità, tracciabili, biodiversi, tipici, che fanno grande il “made in Italy” nel mondo, con esportazioni che muovono 34 miliardi di euro l’anno. E i mercati stranieri chiedono vini, oli, formaggi, salumi e trasformati tipici dei nostri territori, con i loro sapori caratteristici assolutamente non omologabili”.
Intanto anche sul fronte interno vince la battaglia contro gli Ogm.
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar del Lazio di bloccare le semine biotech in corso nei campi del Friuli rinviando la definitiva decisione nel merito al 4 dicembre quando di fatto sarà già in vigore la normativa europea che lascia la libertà di non coltivare Ogm ai singoli Stati Membri.
Per evitare che si ripeta la confusione dell’anno scorso quanto un agricoltore ha potuto coltivare mais Ogm grazie all’inerzia della politica, a questo punto – conclude la Coldiretti – le Amministrazioni coinvolte non hanno piu’ nessun alibi per intervenire nella repressione delle coltivazioni illegali per evitare l’aggravarsi delle contaminazioni ambientali in atto”.