“La differenziata la devono pagare gli industriali”
Quasi la metà della plastica delle confezioni di pasta, delle vaschette della carne, del tubetto della maionese, che separiamo con la differenziata, non serve a niente.
Anzi, dopo che abbiamo fatto attenzione a metterla nel contenitore giusto che manteniamo a puzzare sul balcone, va a finire negli inceneritori con un costo molto più alto che se l’avessimo buttata direttamente nel bidone dell’indifferenziato. La percentuale, per la precisione, è del 48%.
“La colpa è del Conai e dei consorzi di filiera – ci ha spiegato Paolo Foietta, presidente dell’Ato-R, l’authority che governa il sistema dei rifiuti in Provincia di Torino – Il contributo che gli industriali degli imballaggi plastici, del vetro, dell’alluminio, acciaio, carta e legno versano ai Comuni è troppo basso. Così, in un sistema del riciclaggio a corto di soldi nessuno è incentivato a fare bene la raccolta differenziata e a dare davvero una nuova vita ai materiali riciclati”.
Foietta, interviene il giorno dopo l’annuncio del Comune di Torino che finalmente anche alla Crocetta partirà presto la raccolta differenziata. E l’appello è rivolto soprattutto a Piero Fassino, presidente nazionale dell’Anci, perché, proprio l’associazione dei Comuni italiani sta trattando con Conai, Consorzio nazionale imballaggi, i nuovi importi dei contributi attraverso l’accordo quadro Anci-Conai.
Il “contributo Conai” dal Consorzio arriva ai Comuni quando l’imballaggio raccolto con la differenziata viene riconsegnato ai consorzi di filiera che poi rivendono le materie seconde. L’accordo quadro è un contratto: i Comuni si impegnano a consegnare al Conai i materiali raccolti con la differenziata e il Conai versa un corrispettivo economico legato alla fascia di qualità del materiale conferito.
Ma la cifra versata, pure in ritardo, è sempre più irrisoria.
“Mentre si è assistito, in questi anni, a una crescita dei costi delle raccolte, i corrispettivi versati dal Conai non si sono adeguati e restano i più bassi d’Europa. In Germania, prendendo come riferimento l’anno 2007, erano 606 euro a tonnellata di rifiuto differenziato; in Irlanda 481 euro a tonnellata; in Austria 351 euro; in Polonia 277. La media europea è di 126 euro a tonnellata. Ma in Italia gli industriali del Conai versano solo 34 euro a tonnellata. Dopo di noi vengono solo la Slovacchia, la Gran Bretagna che non differenzia; la Bulgaria e la Romania. La verità è che i consorzi e lo stesso Conai sono governati dalle aziende degli imballaggi che hanno tutto l’interesse a versare corrispettivi bassi. Così mancano i soldi per la raccolta e a pagare sono solo i cittadini, non chi produce gli imballaggi come avviene in tutta Europa”.
Gli alti importi del contributo ambientale versati in paesi come Germania o Francia (dieci e venti volte in più rispetto all’Italia) hanno portato gli industriali ad investire nelle produzioni di imballaggi leggerissimi e tutti recuperabili (per uniformità di colore delle plastiche e per assenza di materiali diversi, per esempio, nei tappi).
“In molti Paesi europei il contributo ambientale è tarato sulla riciclabilità dei materiali prodotti. In Italia chi produce materiali che si riciclano con difficoltà sborsa la stessa cifra di chi fa ricerca per inquinare meno”.
E poi c’è la beffa per i consumatori, che pagano 2 volte.
“In Francia, chi produce, per esempio, imballaggi in carta e cartone, deve versare 160 euro a tonnellata per rimborsare i Comuni per la gestione a fine vita di questi imballaggi. E il contributo incide per lo 0,4 % sui prezzi al consumo. In Italia, il contributo è di 6 euro a tonnellata e incide per lo 0,015% sui prezzi al consumo. Ma, nonostante questa differenza si è verificato che in Francia i prodotti confezionati in carta e cartone, a parità di prodotto e imballaggio, non costano di più che qui da noi, anzi, in molti casi hanno persino prezzi più contenuti. In più, in Francia, ai produttori che introducono nuovi imballaggi a minore impatto, viene riconosciuto un bonus che dimezza il contributo. Inoltre, sempre in Francia, quei 160 euro a tonnellata vengono trasferiti per il 92 % ai Comuni che posso così fare sconti di tariffa ai cittadini; mentre in Italia, dei già scarsi 6 euro a tonnellata ai Comuni arriva solo il 37%”.
E mentre noi paghiamo per l’80% il costo della raccolta differenziata, nelle casse del Conai addirittura “c’è un tesoretto che vale 400 milioni, che non va agli enti locali perché il Conai gioca pure sulle regole”.
Fassino aveva già chiesto il 18 dicembre del 2013 di aumentare l’impegno del Conai a 450 milioni l’anno (nel 2012 erano 321 milioni). Ma il costo a carico dei Comuni, valutato nel recente rapporto rifiuti dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, arriverebbe a 858 milioni.
Così i cittadini, cha pagano sempre di più i costi della raccolta(in media il 23% per cento in più negli ultimi 5 anni), senza incentivi economici non separano correttamente e le Amministrazioni non migliorano il servizio per timore di pesare ancora di più sulle tasche degli elettori.
“Il risultato è che per alcune frazioni come la plastica, su circa un milione e mezzo di tonnellate formalmente separate e raccolte con la differenziata, 700 tonnellate passano dagli impianti di separazione ai forni degli inceneritori, perché si tratta di plastica sporca, mescolata ad altri materiali; insomma, plastica che non si può riciclare”.