L’agroalimentare piemontese chiede meno controlli e leggi più chiare
Il Piemonte vanta 5,5 mila imprese attive e 40,4 mila addetti nell’agroalimentare, pari rispettivamente al 7% e all’8% dell’intero paese e copre il 14% dell’export nazionale di prodotti agroalimentari. Un buon punto di partenza per far diventare la nostra regione la “Borgogna d’Italia”, come auspicato da Andrea Olivero, Vice Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in occasione della Tavola Rotonda “I Frutti del Territorio”, organizzata da Confindustria Cuneo presso la Filanda Ferrero di Alba.
Come sostenere l’agroalimentare piemontese, permettendogli di diventare così il traino dell’intero paese? Innanzitutto, sfruttando al meglio le risorse economiche in arrivo dall’Europa, sostiene Olivero. In questi giorni, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato le disposizioni attuative della nuova Pac, la Politica agricola comune, per ciò che riguarda la distribuzione dei fondi per i pagamenti diretti. Si tratta di un pacchetto di 23 miliardi sul periodo 2015-2020 di cui almeno 1,4 miliardi saranno destinati al Piemonte. Ad essi si dovrebbero aggiungere circa 2 miliardi dal piano di sviluppo rurale tra fondi regionali e comunitari.
In secondo luogo limitando, il più possibile, l’eccesso burocratico. La sfida più difficile, commenta Olivero, che, tuttavia, non deve assolutamente significare un abbassamento della guardia. Proprio l’eccessiva burocratizzazione è uno dei temi caldi su cui si è acceso il confronto. L’allarme arriva da Franco Biraghi, Presidente di Confindustria Cuneo. “In Italia esiste un sistema di controlli non coordinato, che costa molto alle imprese in termini di mancata attività e di incertezza operativa. Le stesse cose vengono controllate da molti enti differenti con impostazioni diverse, con visioni diverse, con istruzioni diverse ed in qualche caso anche con uno spirito competitivo fra di loro. Noi non vogliamo evitare i controlli, ma vorremmo che esistesse un unico organismo di controllo”.
“Non è vero” ha ribadito Biraghi a margine della Tavola Rotonda “che più leggi significano più qualità”. Quello che Confindustria chiede alle istituzioni è, insomma, una limitazione dell’eccesso di burocrazia e una maggior chiarezza nella scrittura delle leggi, spesso incomprensibili. “Il 70% del nostro lavoro è dedicato a risolvere questioni burocratiche e legislative”. Una richiesta a cui si sono uniti i rappresentanti delle aziende presenti all’incontro. “Noi lavoriamo per garantire il massimo della qualità ai nostri prodotti, è necessario che anche lo stato abbia funzionari di qualità” ha commentato Ernesto Abbona, Presidente di Marchesi di Barolo. “Oggi la burocrazia è il costo maggiore per le aziende del settore” ha ribadito Riccardo Pozzoli, Amministratore Delegato della Centrale del Latte. La speranza, insomma, è che questo primo importante incontro venga seguito da fatti e non sia fine a se stesso, permettendo al Piemonte di diventare la “Borgogna d’Italia”, sfruttando nel modo più corretto l’eccellenza del proprio agroalimentare