L’agricoltura rimpiange i voucher, “mettevano d’accordo braccianti e imprenditori”
La controversa cancellazione dei voucher, decisa ieri dal governo Gentiloni per disinnescare il referendum della Cgil, non piace agli imprenditori agricoli che dovranno rinunciare a uno strumento (in linea con le politiche della flessibilità del lavoro che durano da 25 anni) che premetteva di fare lavorare agevolmente i lavoratori stagionali e i lavoratori a chiamata. Il lavoro occasionale è, infatti, ancora una della componenti più importanti dell’occupazione in agricoltura che lo utilizza soprattutto in occasione dei raccolti.
In agricoltura sono stati venduti nell’ultimo anno circa 2 milioni di voucher, più o meno gli stessi di 5 anni fa, per un totale di 350mila giornate di lavoro. Insomma, agricoltori e braccianti occasionali si stavano abituando a questo strumento agile. I buoni lavoro sono stati introdotti inizialmente proprio in agricoltura per la vendemmia nel 2008 e da allora hanno consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola per il basso livello di burocrazia con quelli di pensionati, studenti e disoccupati.
Così, per Coldiretti, con la cancellazione dei voucher perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare il proprio reddito 50mila studenti, pensionati e cassintegrati, impiegati esclusivamente in attività stagionali che in agricoltura ne sono gli unici possibili beneficiari. Per il più grande sindacato agricolo, la cancellazione totale dei buoni lavoro aumenta il rischio di favorire il sommerso. Per la Coldiretti i voucher hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne «senza gli abusi che si sono verificati in altri settori dove sono aumentati esponenzialmente».