“Fine della Provincia, condanna per 32 prodotti tipici”
Con lo “svuotamento” delle Province nessuno sa ancora che fine faranno le politiche agricole e alimentari a favore dei territori. Se il Parlamento e la Regione fanno le leggi, finora erano le Province a renderle operative. Ma, ora, con il disegno di legge del ministro Del Rio, regna l’incertezza più assoluta anche nel settore agricolo e della promozione dei prodotti tipici.
Non è chiaro a quale ente passeranno queste competenze che rischiano di restare senza indirizzi; proprio nel momento in cui il Censis rileva che i brand territoriali (p.es. le Langhe) superano le regioni (p.es. il Piemonte); e le superano proprio sulla base delle loro eccellenze enogastronomiche e del turismo che i prodotti tipici sono in grado di generare.
“Questa è la riforma peggiore che si potesse fare – ha tagliato corto il presidente dell’Unione Province italiane e presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta – Si lasciano le istituzioni nel caos senza risparmiare un euro, come ha certificato di recente anche la Corte dei Conti; e tutto per dare retta a qualche opinionista che è riuscito a condizionare la classe politica. Con questa idea di abolire le Province siamo prigionieri di un annuncio, fatto anni fa, e da cui, oggi, non riusciamo più divincolarci”.
Per Saitta, però, non è una battaglia persa. “Il disegno di legge è in Commissione Affari Costituzionali, ma non è detto che passi entro le elezioni amministrative della prossima primavera: il fronte dei contrari si sta allargando. Sono con noi i grandi costituzionalisti e il 20 novembre chiameremo a raccolta anche gli economisti per dimostrare che togliere poteri alle Province non porta vantaggi economici”.
Le Province sono enti intermedi presenti in tutti gli stati grandi d’Europa: che si chiamino contee, distretti o dipartimenti sono attive in 19 stati su 28, mancano solo negli stati piccoli. Dappertutto si occupano di gestire i servizi “di area vasta”, cioè quelli dove il Comune non è sufficiente. Nel caso della Provincia di Torino, l’ente è stato anche ideatore di vere e proprie politiche innovative sui prodotti tipici e sull’alimentazione legata al territorio.
La Provincia di Torino ha ideato, ormai oltre 15 anni fa, il “Paniere dei prodotti tipici”, per un territorio che stava completamente perdendo le proprie tradizioni alimentari e agricole. Grazie al Paniere della Provincia sono stati salvati e rilanciati ben 32 prodotti, tra ortaggi, frutta, dolci, distillati, salumi e formaggi. Un’operazione davvero complessa che ha creato un logo per ciascun prodotto e un’associazione di produttori. Le associazioni raggruppano oltre 900 produttori e hanno rappresentato un vero stimolo per il ritorno alla terra laddove fino a 20 anni fa si pensava solo di abbandonare l’agricoltura per andare in fabbrica o in ufficio. Il Paniere comprende anche 27 punti vendita e 70 ristoranti abbinati al marchio.
Ma le politiche alimentari della Provincia hanno creato anche la Strada reale dei vini e tutta la promozione dei vini di Chierese, Pinerolese, Canavese e valle di Susa, che fino a 20 anni era quasi sconosciuti.
Poi, le politiche per le mense scolastiche a Km zero, per i Gruppi di acquisto solidali, per le Fiere dei prodotti tipici, per fare incontrare prodotti tipici del territorio e Torinesi, nel cuore della Città.
Ora tutto questo potrebbe sparire nella confusione delle competenze che si genererà con lo svuotamento della Provincia, che dovrebbe passare da ente eletto dai cittadini a ente di “secondo livello” composto dai sindaci dei Comuni e presieduto dal sindaco di Torino.
“Le Provincia ha contribuito a fare crescere l’identità dei territori – ha aggiunto Saitta – I nostri progetti sui prodotti e sull’agricoltura di qualità hanno rafforzato la coesione dei territori al di là delle divisioni tra Comuni. Con il Ddl Del Rio queste identità rischiano di venire schiacciate da una visione Torino-centrica, inevitabile se si fa presiedere l’ente che sostituirà la Provincia, la Città metropolitana, al sindaco di Torino. Così si dimentica che il 64 per cento delle attività economiche sono fuori dai capoluoghi di Provincia e che ormai esiste un sistema di relazioni tra i territorio che è pari a quello tra territori e capoluogo. Vogliono togliere rappresentanza ai territori e in più, vogliono anche fare in fretta, per arrivare non arrivare a dover votare di nuovo per le Province nel 2014, come se eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni fosse un delitto. Questa è la stessa logica del Porcellum che la classe politica non vuole cambiare; è la logica dei nominati che va contro la democrazia”.