La “cultura” del tartufo candidata come patrimonio immateriale Unesco
SPECIALE SALONE DEL GUSTO. Il tartufo è cultura, non solo un gioiello gastronomico della nostra terra. E’ questa la motivazione principale che ha spinto l’Associazione nazionale Città del Tartufo, nata ad Alba nel 1990 e composta attualmente da 50 iscritti, a candidarlo come patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. L’obiettivo della candidatura è proprio quello di certificare e formalizzare, difendere e tramandare il “mito del tartufo”, non solo come frutto dall’inestimabile valore, ma simbolo di una storia di rapporti tra uomo, natura, animale e tradizioni.
Accanto alla valorizzazione dei patrimoni materiali dell’umanità, infatti, l’Unesco nel 2003 ha redatto la prima lista mondiali dei patrimoni culturali orali e immateriali, definiti come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how- come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi”.
Il tartufo può quindi rientrare a pieno titolo in questo profilo. Dietro alla spolverata con cui siamo soliti arricchire i tajarin, la carne cruda o l’uovo, infatti, c’è un mondo fatto di conoscenze orali e gestuali, di pratiche e tradizioni tramandate di generazione in generazione, di storie di persone e di interi popoli che attraversano trasversalmente il nostro paese nel corso dei secoli, dal Piemonte alla Toscana, dalla Lombardia all’Umbria, fino alla Campania.
Il lavoro del Centro Nazionale Studi Tartufo e dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, (coadiuvati da partner scientifici del calibro dell’Università di Scienze Gastronomiche e dall’Università di Siena), per portare avanti la candidatura, è stato proprio quello di far rivivere questa identità e valorizzarla, attraverso ricerche etnografiche, interviste e attente documentazioni.
“La tradizione della raccolta del tartufo bianco, spontaneo e di libera ricerca, è un prodotto culturale nazionale, lo si fa in tutta Italia, pur con declinazioni tradizionali diverse da luogo a luogo” – hanno sottolineato Antonio Degiacomi, Presidente del Centro Nazionale Studi tartufo e Michele Boscagli, Presidente dell’Associazione Città del Tartufo – “A partire dalla cultura del tartufo che ci proviene dalla tradizioni vorremmo che si rinnovasse e aumentasse la coscienza della necessità di difendere il patrimonio naturale. E’ un aspetto strategico per il futuro del prodotto e delle terre che lo generano e che la candidatura può favorire”.
“La candidatura del tartufo a patrimonio immateriale Unesco ha un’importanza rilevante in termini di ampiezza territoriale” – ha precisato l’assessore alla cultura e al turismo della Regione Piemonte, Antonella Parigi – “le regioni coinvolte sono tredici e condividono gli stessi valori culturali che sottendono al riconoscimento del tartufo come simbolo di unicità e contemporaneamente di unità nazionale. E’ grande la soddisfazione per il contributo messo a disposizione dal territorio piemontese, forte della sua tradizione e dell’attività di ricerca: l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e la Fiera del tartufo bianco di Alba sono eccellenze internazionali”.