Il procuratore Guariniello, «Subito un’agenzia nazionale contro i reati alimentari»
Un’agenzia nazionale per la sicurezza alimentare con il potere di coordinare forze di polizia ed enti pubblici nella repressione dei reati alimentari. Un organismo che sappia anche fare prevenzione e “cultura” della legalità in campo alimentare.
La proposta arriva dal procuratore Raffaele Guariniello, il magistrato forse più conosciuto in Italia per il contrasto ai crimini contro la salute nel campo degli alimenti.
«Serve un soggetto legittimato al coordinamento delle tantissime azioni di polizia giudiziaria e della magistratura che, in modo troppo frammentato, vengono condotte oggi nel campo della sicurezza alimentare», osserva il magistrato.
«Oggi assistiamo a una miriade di procedimenti aperti da singole procure, dove ognuna decide in modo autonomo, magari riservando agli indagati un trattamento differenziato nelle diverse parti del Paese per reati che sono del tutto simili. Esemplare, a questo proposito, il caso delle “mozzarelle blu”, dove ci sono state tante inchieste e tanti processi un po’ ovunque, ma dove certi procedimenti si sono chiusi con l’archiviazione, altri con rinvio a giudizio».
Guariniello, il “procuratore Guariniello”, si occupa ormai da lunghissimo tempo di questi temi. Grazie al lavoro suo e del suo team la Procura di Torino è una delle sedi giudiziarie più attive su questo fronte. Un’esperienza che non doveva andare dispersa. Proprio per questo Guariniello ha appena terminato un libro, un codice che cerca di mettere ordine nella selva delle norme e soprattutto delle sentenze della Corte di Cassazione che come si sa, “fanno giurisprudenza”.
«Questo testo nasce dalla necessità di offrire ai magistrati e agli stessi operatori industriali del settore un corpus che raccolga le sentenze della Cassazione in tema di sicurezza alimentare che altrimenti rischiavano essere dimenticati. Dal 1988 ho scelto di andare a Roma ogni due settimane per acquisire i pronunciamenti della Cassazione sui temi di cui mi occupo. Ho così scoperto che sono davvero tanti quelli che riguardano la sicurezza alimentare ma che questo patrimonio di giurisprudenza rischia di non essere conosciuto da chi dovrebbe, invece, utilizzarlo, cioè dagli operatori giudiziari e dagli operatori industriali. Così ho deciso di raccogliere tutto in un libro».
Una raccolta che testimonia anche come il lavoro delle sedi giudiziarie e della Suprema Corte sia sempre più dedicato ai reati alimentari.
«Negli ultimi tempi stiamo assistendo a una crescita esponenziale dell’attività nel campo alimentare. In tanti anni di attività non mi era mai capitata una cosa simile. Si stanno letteralmente moltiplicando i crimini che riguardano il cibo e quindi la nostra salute. Siamo tempestati di denunce da parte delle forze di polizia e degli enti che hanno funzioni ispettive, riceviamo sempre più segnalazioni da parte di associazioni o di singoli cittadini. Così, esplodono problemi a non finire: dai vitelli gonfiati con anabolizzanti ai frutti di bosco che trasmettono l’epatite, dagli alimenti scaduti e rietichettati ai prodotti spruzzati sul pesce per dargli un’apparente freschezza».
Si moltiplicano gli scandali alimentari perché c’è più consapevolezza da parte dei cittadini e perché gli enti e la polizia giudiziaria hanno a disposizione strumenti scientifici e di analisi prima impensabili. Ma siamo anche in presenza di un fenomeno che ormai sta permeando non solo il mondo del piccolo artigianato o del commercio al dettaglio. Occorre prendere in considerazione anche le grandi industrie alimentari.
Eppure l’industria dovrebbe temere i consumatori organizzati e soprattutto le grandi campagne negative social e stampa che si scatenano con gli scandali alimentari.
«La grande industria non ha mai temuto le reazioni della magistratura e dell’opinione pubblica semplicemente perché c’era sempre un capro espiatorio. Per questo, abbiamo deciso di cambiare registro e di chiedere conto anche ai vertici societari. Troppo spesso occorre verificare se i reati alimentari non siano altro che il frutto di scelte precise della direzione o della proprietà del grande marchio. Così, la novità che abbiamo introdotto in questi anni è stata l’azione nei confronti dei membri dei Consigli di amministrazione che prima si nascondevano dietro le responsabilità degli ultimi anelli della catena. Abbiamo pensato che solo colpendo la testa si poteva ottenere una sensibile riduzione dei reati. Perché se sugli scaffali di un supermercato il Nas trova prodotti scaduti può non essere colpa del responsabile del reparto ma del suo direttore che, a sua volta applica una precisa politica aziendale. Il problema è quindi stroncare queste politiche che vanno contro la salute dei consumatori ed educare il settore partendo dalla responsabilità dei consigli di amministrazione. E’ tra i vertici della grande industria che bisogna creare nuova sensibilità sulla sicurezza ma anche sulla semplice lealtà commerciale, a tutela dei consumatori e delle imprese virtuose».
Nel contrasto ai reati alimentari, per Guariniello non è necessario scrivere nuove norme. Bastano quelle che ci sono. Ma si devono utilizzare meglio
«C’è uno strumento importante dovrebbe essere esteso a tutti i reati alimentari. È quello della “responsabilità amministrativa”. Si dovrebbe potenziare l’azione penale applicando per alcuni reati in materia alimentare sanzioni accessorie, compresa la interdizione dell’attività. Noi lo abbiamo contestato in qualche caso, così è il tipico esempio che conferma come, se una Procura non ha l’esperienza e la specializzazione necessarie, semplicemente non ci pensa. Per questo, serve la competenza di un’agenzia nazionale, che utilizzi la conoscenza di questo settore complicato per agire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale».