Il pollo, l’asino e le api, gli animali di Propolis educano i bimbi
Che la gallina faccia il latte o che l’asino sia parente della mucca sono alcune delle convinzioni più frequenti dei bambini in gita in fattoria. E così si capisce che l’educazione alimentare delle nuove generazioni passa soprattutto da una sana attività con la terra e gli animali che ci danno il cibo.
Uno dei luoghi dove si pratica educazione ambientale orientata verso l’educazione agro-alimentare è la fattoria didattica Propolis, in Strada del Nobile, in Collina. Nel solo anno scolastico 2012-2013 sono passate di qui oltre 100 classi di Torino e dintorni, più i gruppi dei centri estivi.
Qui c’era una vecchia cascina restaurata dal Comune e trasformata in fattoria didattica, cioè in centro di educazione ambientale polifunzionale con spazi didattici e spettacolo ma anche bar, ristorante, orti, arnie e recinti con gli animali. La gestione è affidata alla cooperativa Agfriforest, da oltre 12 anni specializzata in manutenzione aree verdi e manutenzione boschiva.
“I bambini oggi non sanno più quasi nulla degli animali domestici che non siano gli animali da compagnia – ci ha confermato Davide Lobue, presidente dell’Associazione Parco del Nobile e responsabile del settore educativo di Agriforest – Noi cerchiamo soprattutto di fargli prendere confidenza per imparare a conoscerli: li possono toccare, possono salire sull’asino, possono accarezzare il coniglio. Spesso hanno paura di essere morsi o graffiati. È per questo che la prima cosa da spiegare è che gli animali hanno un loro linguaggio, usano dei segni tutti loro. Non possono capire il nostro linguaggio, è inutile umanizzarli. Siamo noi che dobbiamo capire loro”.
A Propolis non si addentrano nel problema, un po’ da adulti, se sia giusto o sbagliato sfruttare gli animali o addirittura mangiarli. Qui l’importante è che i bambini imparino a conoscerli un po’ di più.
“Non sono questioni che i bambini ci sottopongono. Ma noi non possiamo fare a meno di spiegare che per darci il miele le api, ovviamente, le sfruttiamo. E lo stesso facciamo con le galline per avere le loro uova. Ma quello che trasmettiamo è proprio il rispetto del loro essere animali e il fatto che devono avere spazi sufficienti per muoversi e devono essere allevati seguendo i loro ritmi e senza forzare le loro esigenze alimentari. Poi, naturalmente gli diciamo che il pollo che loro mangiano diviso in “petti”, “cosce” o “medaglioni” è come quello a cui hanno dato da mangiare. Per noi è più importante lavorare piuttosto sul consumo critico e consapevole”.
L’educazione verde si fa anche con gli insegnanti (con corsi ad hoc) e con i genitori. Anzi, con gli adulti sono in corso progetti di lungo respiro come la cura dell’orto.
“Il progetto dell’orto con gli adulti è basato sulla condivisione. Diamo l’appezzamento alla famiglia ma i prodotti vanno divisi con gli altri. Il risultato “educativo” è che una fascia di persone che vuole rafforzare la sua cultura del cibo si confronta con i problemi del produrlo. Sono più consapevoli nei principi trasmessi dai grandi movimenti come Slow Food, ma non hanno per nulla un “saper fare”. Un esempio è dato da come tendono a trattare gli ortaggi: fanno come per le piante di casa che vanno “coccolate” perché sono il risultato di una forzatura ecologica. Invece l’orto non ha bisogno di cure amorevoli ma di piante che resistano alle avversità, che siano tipiche di un certo clima e che rispondano a quella certa disponibilità di acqua. Sapendo questo capiscono che la straordinaria varietà dei nostri ortaggi è frutto di selezioni e di adattamenti”.
L’Uomo non ha usato “affetto” con le piante da cibo, ma “passione”. Ha soltanto saputo sfruttare al meglio le caratteristiche naturali delle piante aumentando la biodiversità. Ma questo, la gente di città non lo sa più.