Il gruppo di acquisto scopre il business
I Gac diventano adulti, escono dal volontariato del passaparola per diventare negozi di prossimità.
Almeno questa è la scommessa dello “storico” Gac di San Salvario che fino a poche settimane fa aveva una sede che serviva per le riunioni e per stoccare la merce ordinata dai soci.
Ora la sede del Gruppo di acquisto collettivo, in via Goito 17, appunto nel cuore del quartiere di San Salvario, a Torino, ha aperto alla spesa del quartiere.
Sembra una cosa banale ma per la filosofia dei Gruppi di acquisto è quasi una rivoluzione.
“L’idea è nata quando sono terminati i fondi pubblici a sostegno dei Gruppi di acquisto – ricorda Alessandro Mostaccio, torinese, segretario nazionale del Movimento consumatori, ideatore del Gac di san Salvario – Sarebbe stato impossibile continuare a sostenere con le sole quote di adesione l’intera attività di ricerca, acquisto e distribuzione delle merci presso i soci. E d’altra parte eravamo ben consci della nostra forza con 500-600 famiglie da mettere sul piatto delle trattative con i fornitori per spuntare i migliori prezzi per la migliore qualità. Non si trattava di abbandonare lo spirito dei gruppi informali di acquisto, perché in fin dei conti, i Gac hanno da tempo centrato la provocazione culturale verso il sistema delle filiere alimentari. I consumatori, anche grazie all’azione dei gruppi di acquisto, e gli stessi produttori, sono molto più consapevoli di un tempo sulla qualità del cibo che comprano e delle ricadute positive delle loro scelte per l’ambiente e per il territorio rurale. Abbiamo dimostrato che un’altra filiera è possibile ma mancava un soggetto fondamentale della filiera corta: il negozio”.
Le 600 famiglie che cita Mostaccio sono quelle nella cerchia dei Gac di Torino e provincia, di cui la sede di San Salvario è punto di riferimento per gli acquisti “centralizzati”.
“Qui facciamo girare 5-6 tonnellate di fresco biologico alla settimana attraverso 50 fornitori quasi tutti piemontesi. In Italia non esiste una realtà associativa di acquisto così grande”.
Così l’associazione ha figliato una Srl di 11 soci tra cui 6 lavoratori dipendenti e 2 produttori. Gli altri sono rappresentanti del Movimento consumatori, di Slow Food e delle Officine corsare di Torino, il collettivo universitario che gestisce un locale Arci, produce birra e che segue progetti sul cibo equo.
I locali sono utilizzati per il negozio di alimentari biologici, come sede associativa e di iniziative del Gac, come punto di trasformazione (dolci e confetture, soprattutto) e come magazzino per i 9 punti Gac del Torinese.
“Ci impegniamo sempre ad acquistare direttamente dai produttori e non dalla distribuzione, il nostro obiettivo è ancora garantire al contadino un buon margine di reddito e di contribuire alla diffusione del cibo pulito a prezzi accessibili”.
I Gruppi di acquisto collettivo, come li definiva la Finanziaria del 2007, sono associazioni senza scopo di lucro che svolgono la loro attività per i soci. La Provincia di Torino aveva capito subito la grande potenzialità dei Gruppi di acquisto per fare leva sull’economia agricole del territorio e ne aveva finanziato le attività.
Ma il tallone d’Achille dei gruppi informali è sempre il volontariato. Con il tempo, chi si prende la briga di andare a trattare i prezzi con i produttori, di organizzare la logistica e di aspettare in sede che tutti passino a ritirare la merce prenotata, finisce per stufarsi.
“Ma non parlerei di un fenomeno in crisi. Non stanno morendo i gruppi di acquisto ma il fatto è che ne nascono e ne muoiono in continuazione. Abbiamo pensato che la fase della maturità di questa esperienza stia nel fornire alternative economiche, in un sistema alternativo di acquisto”.
Che, tradotto, significa creare posti di lavoro con i Gac.
Anche perché al Gac di San Salvario i clienti c’erano già: qui fanno riferimento 120 famiglie.
“Si tratta di consumatori attenti ed esigenti sugli aspetti etici ma che non si accontentano più di trovare che so, una sola varietà di mela biologica, mezza bacata ma “pulita”. Non vogliamo emulare il sistema dei supermercati ma qui offriamo 8 diverse varietà di mele, frutta e verdura di stagione, carne bio, farine, birre, prodotti da forno, e tanto altro, come un vero market biologico di quartiere.”
Allora i gruppi di acquisto collettivi o solidali sono finiti?
“Prendiamo l’esempio di San Salvario: è pieno di start up sul cibo. Nuove attività messe in piedi da giovani che voglio proporre l’alimentazione etica e rispettosa dell’ambiente. E poi ogni mercato di Torino ha i suoi banchi dei contadini. Mi pare che questo sia quello che volevamo 20 anni fa. Questo è il vero punto di arrivo. A questo punto non c’è più bisogno dei gruppi di acquisto”.
E il negozio di via Goito, forte del suo peso contrattuale verso i fornitori, può offrire prezzi di concorrenza.
“Qui i prodotti costano il 30 per cento in meno di un tradizionale “frutta e verdura” biologico e in molti casi anche il 30 per cento in meno del biologico in vendita nella Grande distribuzione. Perché qui non applichiamo il loro ricarico e soprattutto perché con un produttore biologico che ci fornisce, ad esempio, una tonnellata di mele (8 tonnellate è il nostro fabbisogno suddiviso tra 8 produttori) spuntiamo un prezzo concorrenziale. Bisogna anche tenere presente che noi paghiamo a 15 giorni e che non ci sono altre intermediazioni che fanno salire i costi”.
Certo non è che ci sia la ressa del supermercato, qui nel negozio biologico a Km zero, e i pochi che entrano sono ancora quei clienti consapevoli e senza troppi problemi di portafoglio.
“Ma il mercato del bio è in continua crescita, abbiamo tutte le carte in regola per diventare un vero punto di riferimento per tutto il quartiere”.
E chissà che, con il tempo, questo sistema della spesa bio in negozio di soci, non si diffonda in tutta la città.
Vorrei segnalare questo interessante sito http://www.socialgas.net anch’esso innovativo strumento dedicato proprio ai gruppi di acquisto.