Il Friuli della Serracchiani sta con Monsanto
Alla fine la tanto contestata coltivazione di mais transgenico in Friuli è arrivata fino al raccolto. La politica, nonostante le dichiarazioni dell’estate scorsa, non è riuscita a bloccare quella che a molti è suonata come una provocazione
“Non è possibile – afferma la Cia – assistere passivamente alla semina e alla raccolta di mais transgenico, come avvenuto in provincia di Pordenone, nonostante il decreto interministeriale che vieta su tutto il territorio nazionale la coltivazione di varietà del MON810 proveniente da semi geneticamente modificati. La nostra contrarietà al biotech non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l’utilizzazione degli Organismi geneticamente modificati può annullare l’unico vantaggio competitivo dei nostri prodotti sui mercati: quello, appunto, della biodiversità. Per non parlare del biologico. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt’altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo si può fare senza ricorrere agli Ogm, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi con risultati molto importanti”.
La querelle dura, appunto, da mesi. Nonostante il decreto del Ministero della Salute del 12 luglio 2013, la Regione Friuli Venezia Giulia ha stabilito, con propria ordinanza, una diversa disciplina inerente alla raccolta del mais senza tener conto del divieto, con ciò escludendo che la fase della raccolta debba intendersi necessariamente quale esito dell’attività di coltivazione.
Così, anche la Coldiretti chiede che il governo faccia la sua parte. “Vorremmo conoscere – chiede l’associazione – quali provvedimenti il ministro intende assumere non solo al fine di assicurare l’osservanza delle misure di emergenza già impartite, quanto a salvaguardia della biodiversità regionale anche tenuto conto che, da parte della Regione, si contesta l’applicazione del decreto in forza di una pretesa omissione di sanzioni che, a nostro avviso, possono essere facilmente rintracciate nell’ordinamento penale”.