Il CRISPR sdogana gli OGM, addio sovranità contadina
L’attribuzione del premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, per lo sviluppo del metodo di editing genomico CRISPR-CAS 9 apre le porte allo sdogamento degli OGM.
In realtà si tratta di un metodo oramai già in uso, da quanto è stato scoperto e perfezionato oramai già una decina di anni fa. Il CRISPR, Clusters of regularly interspaced short palindromic repeats, è nato dall’osservazione del meccanismo di difesa di alcuni batteri nei confronti di virus che li attaccano. I batteri hanno imparato a insinuare nel Dna del virus che cerca di parassitarli un meccanismo che modifica il suo Dna, immunizzandosi.
Così, si è scoperto che è possibile tagliare via segmenti di Dna danneggiati o contenenti informazioni nocive per inserire parti sane.
Si tratta di ingegneria genetica, e gli organismi che ne derivano sono a tutti gli effetti degli Organismi geneticamente modificati.
Ma in questo caso, il mondo anti OGM ha lasciato correre: visto che nel CRISPR non si inseriscono parti di Dna di organismi che non siano quello da riparare siamo di fronte a OGM buoni. Ma si tratta pur sempre di tecniche che non potranno mai essere maneggiate da uomini qualunque: ci vogliono organizzazioni aziendali o governative complesse dotate di strumenti, professionalità e fondi per la ricerca per l’attività di Dna editing.
Insomma, il cibo prodotto con la tecnica CRSPR sarà pur sempre un cibo OGM che sfuggirà alla sovranità alimentare dei contadini e che li legherà alle multinazionali per la fornitura di sementi e per le tecniche colturali.
Ma il CRISPR apre anche le porte a una nuova fare nella storia dell’agricoltura: d’ora in poi si potrà combattere una malattia delle piante, la siccità, l’impoverimento dei suoli, un limite produttivo congenito non più spargendo pesticidi, prosciugando i corsi d’acqua o o spargendo fertilizzanti. Basterà utilizzare sementi modificate geneticamente con il CRISPR brevettate da una multinazionale. In questo modo, il CRISPR sdogana gli OGM soprattutto dal punto di vista ambientale ma mette in secondo piano il ruolo dell’agricoltore come custode della biodiversità, della sapienza contadina adattata alla natura, relegandolo a puro conduttore del processo di accrescimento e raccolta.
Ma le potenzialità del CRISPR sono state colte dalle associazioni agricole già meno chiuse verso gli OGM.
“Il massimo premio scientifico da Stoccolma alle due ricercatrici Usa è un passo importante per tutto il settore agricolo, che deve affrontare con tempestività le sfide dell’eco-sostenibilità e della competitività del mercato globale. Siamo fiduciosi che questo Nobel possa essere il preludio a uno stop dell’equiparazione del genome editing e delle nuove tecniche di miglioramento genetico agli Ogm, dopo la controversa sentenza della Corte di Giustizia del 2018. L’auspicio di Cia è che si possa, adesso, intervenire sulla obsoleta legislazione comunitaria, dopo il primo passo della Commissione Ue, che ha inserito le nuove biotecnologie nella strategia From Farm to Fork per realizzare gli obiettivi di sostenibilità tracciati dal Green Deal”. E’ quanto afferma il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, commentando con soddisfazione il prestigioso riconoscimento a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.
“Il genome editing–prosegue Scanavino- non presuppone inserimento di Dna estraneo mediante geni provenienti da altre specie. Si opera, infatti, internamente al Dna della pianta, che rimane immutato e assicura la continuità delle caratteristiche dei nostri prodotti, garantendo anche l’aumento delle rese, insieme alla riduzione dell’impatto dei prodotti chimici e al risparmio di risorse idriche”.
Le nuove biotecnologie arrivano a perfezionare il corredo genetico delle piante in maniera simile a quanto avviene in natura, ma con maggior precisione e rapidità, oltre ad avere il vantaggio di essere poco costose e di potersi facilmente adattare alle tante tipicità dei nostri territori.
“L’agricoltura non può fare a meno del miglioramento genetico, che ha da sempre accompagnato la sua storia mediante le tecniche tradizionali di incrocio e innovazione varietale –ha spiegato Scanavino-. Oggi abbiamo bisogno di ulteriore miglioramento per adattare le nostre colture a un contesto ambientale trasformato dal cambiamento climatico e minacciato da patogeni come Xylella e cimice asiatica”.
“Un ultimo aspetto, riguarda la gestione di queste innovazioni –conclude Scanavino-. Non possiamo permetterci che il miglioramento genetico sia gestito solo da multinazionali lontane dalle esigenze reali del mondo agricolo. Dobbiamo, dunque, promuovere tutti gli strumenti che possano sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato e interazioni più strette tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca”.