Il cavolo può aiutare a prevenire il cancro
Di Massimiliano Borgia
Il cibo anticancro? Semplicemente non esiste.
Ma anche se non c’è una dieta che “sicuramente” previene dalla malattia più temuta, possiamo comunque aiutare il nostro organismo a rafforzarsi o a non indebolirsi quando viene in contatto con un alimento dalle potenzialità carcinogeniche.
Un aiuto non banale arriva dai cavoli. Tutti i cavoli: verze, cappucci, viola, neri, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, compresi i parenti broccoli. La grande famiglia delle brassicacee, che è, appunto, la famiglia dei cavoli, annovera piante a prevalenza autunnale e invernale.
«Tra gli antiossidanti che funzionano meglio per aiutare l’organismo a prevenire un tumore ci sono sicuramente le brassicacee, cioè tutti i cavoli – parola di Marilena Rinaldi, medico del prestigioso centro antitumori di Candiolo (TO), specializzata in scienza dell’alimentazione e nutrizione chimica – Di cavoli o broccoli dovremmo mangiarne 2 o 3 etti al giorno, cotti in padella, dentro un minestrone o, meglio ancora, crudi. La famiglia dei cavoli è talmente varia che avremmo anche la sensazione di mangiare sempre verdure diverse. E, a differenza di altre verdure che si conservano poco in frigorifero o che si prestano solo ad essere consumate in insalata o cotte, non è poi così difficile mangiare spesso i cavoli, è solo una questione di cultura alimentare. Ci sono popolazioni dell’Est Europa che ne mangiano tantissimo (poi, magari esagerano con i grassi), così come gli italiani del Nord che inverno hanno sempre il cavolo nella borsa del mercato. Basta solo farlo entrare nelle abitudini di tutti».
Ma in che modo cavoli, broccoli e cavolfiori hanno una funzione antitumorale?
«Hanno una grande funzione antiossidante e bloccano i radicali liberi che contribuiscono a distruggere le cellule».
Insomma basta mangiare cavoli e non si prende il cancro?
«Queste semplificazioni fanno male alla salute. Così come fanno molto male alla salute le diete puramente ideologiche, seguite come se fossero delle terapie. Poco tempo fa abbiamo seguito un paziente che era sempre stato molto attento alla propria alimentazione: frutta, verdura, niente carne. Eppure è morto di cancro al pancreas. Faccio questo esempio per dire che non esiste una dieta miracolosa che ci fa da scudo. Purtroppo, ogni giorno, il nostro organismo si trova ad avere a che fare con cellule che sono impazzite e che possono diventare tumorali, ma esiste un corretto stile di vita, collegato a un corretto modo di alimentarsi, che ci può essere di grande aiuto a procastinare il più possibile nel tempo il momento in cui le nostre difese potrebbero alzerare bandiera bianca».
Per la dietologa dell’ospedale oncologico di Candiolo, uno dei più famosi d’Italia, intanto, è importante riprendere a fare movimento, il più possibile, anche nelle ore di lavoro. Perché il sovrappeso favorisce non solo il diabete ma anche il tumore. Poi, è importante una dieta assolutamente varia, piena di acqua, verdure cotte e crude, frutta, formaggi, latte, cereali come il riso o come il grano da mangiare anche in minestra, grassi vegetali ma anche un po’ di burro, troppo demonizzato in passato. E poi carni bianche, pesce e carni rosse. Insomma, tutto.
«Sulla questione della carne rossa si sono dette un sacco di sciocchezze. Lo stesso vale per la carne lavorata che, però, ha il grande problema che spesso non riusciamo a controllare la presenza di additivi conservanti, quelli sì, cancerogeni. Noi non possiamo vivere senza proteine e le proteine fondamentali ci possono arrivare solo dalla carne rossa e dalla carne bianca, più legumi, pesce e uova. Se mancano questi alimenti abbiamo una grande difficoltà ad assimilare proteine. Però, con la carne fresca, come per il salame o il prosciutto, non si deve esagerare. Direi che 100 grammi di carni alla settimana sono sufficienti, e va cotta facendo molta attenzione a non bruciarla».
Ma sarà così per tutti?
«Questo è proprio il punto. Un altro motivo per cui in materia di alimentazione non si può fare mai dell’estremismo è che non la conosciamo ancora del tutto. Il modo di assimilare i cibi non è uguale per tutti, anzi, è diverso per ciascuno di noi. Se per studiare l’effetto di un farmaco sull’organismo basta (si fa per dire) somministrarlo a dosi diverse a gruppi studio diversi, un cibo, oltre ad essere una questione di dosi è anche diverso a seconda dei modi per cuocerlo e delle interazione tra quel cibo e altri ingredienti. Senza contare, le interazioni degli effetti fisici con gli aspetti psicologici che derivano dalle sensazioni e dalla cultura alimentare di ognuno. Anche per questo, è inutile guardare alla dieta solo dal punto di vista alimentare. La dieta corretta è quella dal significato antico, greco, l’intreccio tra il cibo e i nostri stili di vita».