Gli insetti li mangeranno prima polli e branzini
Non vedremo insetti nei nostri piatti ancora per molto tempo, se non in cene trendy-snob semiclandestine, a rischio e pericolo di chi le organizza e di chi viene invitato.
L’Efsa, l’organismo europeo che vigila sulla sicurezza alimentare, ha pubblicato il suo parere sul consumo umano di insetti (se scriveremo nei prossimi giorni) e il Parlamento europeo ha dato un prima approvazione del nuovo regolamento del Parlamento europeo sul Novel Food, cioè sui nuovi cibi, naturali e frutto della ricerca industriale. Queste due novità hanno scaldato gli animi dei potenziali insettivori, e i giornali hanno scritto che l’Europa avrebbe dato il via libera al consumo alimentare degli insetti.
Invece, la partita degli insetti nel piatto è ancora lunga. Serve ancora un lungo iter politico che passa anche dal Consiglio d’Europa, dall’approvazione dell’Efsa, per ogni singolo prodotto entomologico, e poi, naturalmente dalle normative nazionali.
Ma nella discussione europea sugli insetti alimentari, la vera partita economica non è tanto sul “food”, cioè sul cibo destinato a noi umani, ma sul “feed” cioè sui mangimi animali. Le pressioni più importanti sull’Unione europea si stanno esercitando per sostituire la farina di pesce con farina di insetti per gli allevamenti ittici. La farina di pesce che insieme alla soia è la componente principe dei mangimi per i pesci da ingrasso (orate, branzini, trote, salmoni, anguille etc.) sta arrivando a prezzi sempre più proibitivi perché la pesca di pesci da scarto (e dunque da farina) è sempre più scarsa. L’industria ittica, che si trova ad alimentare una crescente domanda di prodotti, deve trovare mangimi alternativi, meno costosi.
E poi, soprattutto, l’Europa regolamenta la somministrazione di mangimi a base di farine animali vietandone in molti casi gli usi. Un divieto che risale ai tempi di mucca pazza. Il tema, quindi è: le farine di insetti sono da considerarsi farine animali?
In Italia, per capire come fabbricare mangimi a base di insetti, sono attive ricerche da parte dell’Università di Torino, con Laura Gasco, e dell’Università della Tuscia, con Pier Paolo Danieli e Stefano Speranza.
Secondo i ricercatori, il concetto che occorre sottolineare è che gli insetti per la loro enorme lontananza evolutiva rispetto all’uomo, non trasmettono zoonosi, cioè malattie animali trasmissibili all’uomo, come l’encefalopatia spongiforme o la brucellosi. Quindi potrebbero essere sdoganati come mangimi.
Un altro aspetto importante è quello organolettico, cioè se i mangimi animali cambiano il sapore delle carni degli animali di allevamento. Perlomeno il sapore a cui il consumatore è più abituato. Per ora, sembra che non si siamo particolari mutazioni di gusto.
In ogni caso, la nuova lobby della produzione di insetti da mangiare è ancora piccola, ma sta crescendo, e sta premendo su Bruxelles e sui governi nazionali per convincerli a dare il via libera alla somministrazione di alimenti a base di farine e oli di insetto ai pesci di allevamento ma anche ai polli, tacchini, faraone, oche, cioè a tutti quegli animali che quando sono allevati liberamente, si nutrono anche degli insetti che trovano in mezzo all’erba o sul fondo del lago.
Una partita forse più semplice da giocare rispetto a fare passare spaghetti e risotti alle cavallette e dolcetti alle larve di coleottero confezionati per le nostre cene.