Giù il latte d’alpeggio, la siccità di luglio ha seccato i pascoli
Stress da caldo anche per gli animali e non solo per quelli di affezione. Nei pascoli, negli alveari, nei pollai e nelle stalle le vacche con le alte temperature stanno producendo fino al 20% per cento circa di latte in meno rispetto ai periodi normali.
Dopo mesi molto siccitosi manca anche il fieno necessario all’alimentazione degli animali con prati e pascoli che sono a secco e non riescono a garantire l’alimentazione di mucche e pecore stressate dal caldo. In molte aree è stato necessario acquistare mangime e foraggi all’esterno per integrare la produzione aziendale, si teme per il raccolto di mais e in alcuni casi è stato necessario mobilitare le autobotti per garantire l’acqua da bere per gli allevamenti.
Difficoltà si registrano a macchia di leopardo lungo tutta la penisola, dagli alpeggi in Piemonte fino alla pianura padana dove il latte serve per il parmigiano reggiano e il grana padano alle aree colpite dal terremoto dove molti animali sono ancora “sfollati” e la produzione di fieno è praticamente dimezzata. A soffrire sono anche i maiali, che mangiano meno nonostante ventilatori, doccette e sistemi di raffreddamento misti con acqua e aria che lavorano a pieno regime, mentre le api, considerate un indicatore dello stato di salute della natura, per il caldo volano meno e tendono a rimanere a terra senza riuscire più a prendere il polline. A rischio è così anche la produzione di miele secondo la Coldiretti che segnala difficoltà anche nei pollai dove si è sta registrando un calo fra il 5 al 10 per cento nella deposizione delle uova.
Per le vacche il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi. Oltre questo limite gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte. In soccorso nelle stalle sono già scattate le contromisure anti afa nelle stalle dove gli abbeveratoi lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale è arrivato a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi più freschi. In funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare a sopportare meglio la calura. Al calo delle produzioni di latte si aggiunge dunque anche un aumento dei costi alla stalla per i maggiori consumi di acqua ed energia che gli allevatori devono sostenere per aiutare gli animali a resistere all’assedio del caldo.
Nella montagna piemontese, per esempio, i pastori prevedono già un ritorno anticipato nelle stalle di pianura: troppa poca erba alle alte quote dove, sta arrivando l’acqua solo da qualche giorno, grazie ai forti temporali.
Nelle zone appenniniche, come quelle terremotate tra le catene dei Sibillini e della Laga, la siccità ha fatto crollare del 60 per cento la produzione del fieno.
Prati e pascoli sono a secco e non riescono a garantire l’alimentazione di mucche e pecore stressate dal caldo e in molte aree colpite dal sisma è necessario utilizzare le altre colture in campo, a partire dal mais, che gli agricoltori stanno cercando di salvare dalla siccità a prezzo di gravi sacrifici in termini economici, con un dispendio considerevole di energia per l’irrigazione.
Cali di produzione del 10-15% interessano anche il pregiato formaggio pecorino, con gli animali che dopo lo stress da terremoto stanno ora subendo quello da caldo, che ha causato la diminuzione delle quantità di latte raccolto nelle stalle.