Da oggi obbligatorio indicare l’origine del latte
Da oggi è obbligatorio indicare la provenienza delle materie prime impiegate per la produzione di latte, yogurt, burro, formaggi, latticini e altri derivati prodotti e commercializzati in Italia. Dopo una lunga battaglia che ha visto schierati su fronti opposti allevatori e industriali l’indicazione del paese di mungitura e di quello di condizionamento o trasformazione aggiunge un altro capitolo alla tracciabilità dei prodotti alimentari.
Finalmente sapremo da dove arriva il latte che beviamo a colazione o quello che è stato usato per fare il formaggio che mangiamo a pranzo.
Entra così in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari previsto dal decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017.
Il cambiamento è epocale soprattutto nel mercato italiano dei formaggi, che vedeva fino ad ora tutelata l’origine solo per i formaggi Dop e Igp, e che ora vedrà complessivamente tutelati oltre un milione di tonnellate di formaggi prodotti e commercializzati in Italia.
Secondo i dati dell’Istituto nazionale per il mercato agricolo, Ismea, «il provvedimento consentirà al consumatore di conoscere l’origine delle materie prime di potenziali ulteriori 510.000 tonnellate di formaggi non Dop prodotti e commercializzati in Italia, che si aggiungeranno alle 513.000 tonnellate di formaggi già certificati».
Nell’ambito degli acquisti domestici di latte e derivati, i formaggi e latticini costituiscono il 60% della spesa delle famiglie italiane, cui si aggiungono l’8% del latte fresco, il 13% del latte UHT, il 13% dello yogurt, il 2% della panna, e il 3% del burro.
Esulta la Coldiretti che rivendica la primogenitura della battaglia per l’etichettatura di origine del latte.
«L’Italia è diventata il piu’ grande importatore mondiale di latte – ricorda il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare, magicamente, mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 7 giugno 2005 l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco».
Ma per la Cia-Agricoltori Italiani l’obbligo di origine sempre più rispondere a logiche protezionistiche che risolvere i problemi del settore. «Si tratta – afferma la seconda organizzazione degli agricoltori – di un primo passo importante sulla strada della trasparenza delle produzioni Made in Italy ma è non la panacea alle problematiche che interessano il comparto lattiero-caseario. Tanto più che il decreto italiano non ha un quadro normativo analogo in sede europea. Questa novità non deve “distrarre” dalla questione principale che è quella di dare certezze alla filiera, in termini di regole lungimiranti e condivise per commercializzazione e mercato, e comunque orientate verso un reddito equo per chi produce. Anche perché il quadro di riferimento del mercato deve essere quello globale e non chiuso nelle logiche dei confini nazionali».
Per Confagricoltura il provvedimento è un passo in avanti ma il problema è sempre il prezzo imposto dagli industriali agli allevatori. «Confagricoltura – ricorda l’organizzazione – ha sempre sostenuto l’importanza di una corretta informazione per il consumatore, pertanto l’obbligo dell’indicazione dell’origine è giudicato un passo importante utile altresì per rafforzare il concetto di Made in Italy. Ma la qualità del nostro latte deve essere riconosciuta dall’industria, per questo da tempo chiediamo che si arrivi alla definizione di una tabella con indici qualitativi in grado di parametrare il prodotto sulla scorta di un accordo tra le parti. Allo stato attuale, invece, l’intesa non c’è e questo va a scapito degli allevatori».
La filiera del latte è una delle più importanti della nostra agricoltura. Per fare un esempio, in Piemonte gli allevamenti di vacche da latte sono circa 2.800, per una produzione intorno ai 10 milioni di ettolitri all’anno (1 miliardo di litri di latte). In pratica 27.400 quintali al giorno, vale a dire 2.740.000 litri di latte: dati che fanno del Piemonte una delle regioni leader nel comparto, con un valore della produzione alla stalla, ogni giorno, di circa 960.000 Euro (350 milioni all’anno).