Crisi Ucraina, la Nato blocca la pesca nel Tirreno
Le manovre delle forze Nato conseguenti alla crisi in Ucraina hanno bloccato le attività di pesca nel Tirreno, con gravi ripercussioni per le imprese ittiche già provate dalla crisi.
A denunciarlo è Coldiretti Impresapesca dopo il fermo conseguente alle esercitazioni militari dell’Alleanza atlantica che impedirà per le prossime due settimane la pesca nel mare della Toscana e della Liguria.
Non solo dunque impennata dei prezzi del grano a livello internazionale e crollo delle relazioni commerciali con l’Italia ma anche un blocco nel mare che, di fatto, congela l’attività delle barche italiane fino al 24 maggio senza che sia stata prevista alcuna forma di sostegno economico per armatori e lavoratori, mentre il pesce del Tirreno sparirà dalle tavole dei cittadini, con il concreto rischio di essere sostituito da prodotti di importazione.
“Un danno considerevole – accusa Coldiretti Impresapesca – che va ad aggravare una situazione difficile per il comparto, considerato anche il crollo dei consumi domestici di pesce fresco naturale, calati del 5 per cento nel 2013 con riduzione degli acquisti familiari piu’ rilevanti per alici (-11,1 per cento), calamari (-9,5 per cento), spigole (-7 per cento) e cozze o mitili (-5,4 per cento) mentre è da registrare il boom del baccalà (merluzzo salato proveniente dal nord Europa), in aumento del 19,6 per cento”, secondo un’analidi Coldiretti su dati Ismea.
Da qui la richiesta di Coldiretti Impresapesca al Ministero delle Politiche agricole di convocare un tavolo per dare soluzione al problema dell’interruzione del lavoro che si potrebbe risolvere, in carenza di risorse, anche con la compensazione con i periodi fermo biologico 2014.
Ma si chiede anche l’immediata attivazione degli ammortizzatori sociali per gli equipaggi.
La crisi in Ucraina continua dunque ad avere ripercussioni sul settore agroalimentare con il prezzo mondiale del grano che è schizzato di circa il 30 per cento in soli tre mesi e ha superato il valore massimo da un anno ad oltre 7,3 dollari per bushel per le consegne a luglio, al Chicago Board of Trade, punto di riferimento mondiale per le materie prime agricole.
Ma a subire consistenti rialzi sono praticamente tutte le materie prime agricole, dal mais alla soia agricole per la produzione di pane, birra ed anche mangimi per l’allevamento destinato a latte e carne.
Sul piano delle relazioni commerciali va anche segnalato che nel primo trimestre del 2014 sono crollate del 22,1 per cento le importazioni dalla Russia ma a diminuire del 6,6 per cento nello stesso periodo sono anche le esportazioni Made in Italy nel Paese di Putin.
Nel primo trimestre del 2014 il saldo commerciale con la Russia – spiega la Coldiretti – è stato negativo per 1,938 miliardi di euro dopo che nell’intero anno 2013 era risultato negativo per 9,259 miliardi.
Nel 2014 si è verificata una sostanziale inversione di tendenza nei rapporti commerciali poiché sono diminuite in misura rilevante sia le importazioni che le esportazioni, che invece erano sempre cresciute nei tre anni precedenti. Se come noto i prodotti minerali russi sono la componente piu’ rilevante nelle importazioni, meccanica, semilavorati vari ed agroalimentare salgono sul podio dei prodotti italiani maggiormente esportati in Russia e che probabilmente risentiranno maggiormente delle tensioni nei rapporti. Tra i prodotti agroalimentari italiani i piu’ apprezzati – conclude la Coldiretti – ci sono i vini, gli ortofrutticoli, le carni e la pasta.