Crescono i prodotti ambasciatori della qualità italiana
L’Italia resta salda al comando della classifica europea delle produzioni certificate, che crescono a un ritmo sostenuto che non ha pari in nessun altro Paese Ue. Rispetto alle 248 certificazioni registrate dall’Istat al 31 dicembre 2012, lo Stivale ha guadagnato altri 7 riconoscimenti, toccando quota 255 denominazioni tra Dop, Igp e Stg. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito al rapporto sui prodotti agroalimentari di qualità diffuso oggi dall’Istituto nazionale di statistica.
Si tratta di un primato che conferma l’eccellenza dell’agroalimentare “made in Italy” rispetto ai nostri competitor più forti. Francia e Spagna ci seguono, infatti, ma a notevole distanza: Parigi si ferma a 197 riconoscimenti e Madrid a 162. Ancora di più con la crisi economica, il segmento dei prodotti italiani certificati si dimostra fondamentale per la nostra economia, con un fatturato al consumo di 12 miliardi di euro nel 2012, di cui più di un terzo (il 35 per cento) legato alle esportazioni.
Un giro d’affari notevole, quindi, ma in grado di crescere molto di più: basterebbe da una parte potenziare gli strumenti di promozione e di marketing a sostegno delle nostre Dop e Igp ancora sconosciute e dall’altra intensificare la lotta alla contraffazione.
Oggi, infatti, il 97 per cento del fatturato complessivo del paniere Dop e Igp italiano è legato esclusivamente a una ventina di prodotti: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio. Per molti altri prodotti di grande qualità occorre organizzare le filiere, incrementando i Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, rafforzando le politiche di promozione in primis sulle vetrine internazionali.
Ancora più importante, poi, si deve usare “tolleranza zero” verso chi imita i nostri prodotti d’eccellenza, facendo concorrenza sleale alle nostre imprese e compromettendo il prestigio del nostro sistema agroalimentare dentro e fuori i confini nazionali. Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, con 10 milioni di chili di cibi “tarocchi” sequestrati soltanto nel 2012. Per non parlare dei danni ancora maggiori provocati dall’Italian sounding nel mondo, un business illegale che “vale” 60 miliardi di euro l’anno.