Crescono le allergie alimentari, colpa dello stress e dei nuovi cibi
Aumentano le allergie e le intolleranze alimentari e aumentano i costi per curarle.
Quelle che in gergo sanitario si chiamano “reazioni avverse agli alimenti” stanno raggiungendo percentuali da capogiro all’interno della popolazione allergica che supera ormai il 25% della popolazione italiana.
Le cause non sono del tutto note.
Con la vita che viviamo, condita di stress e ritmi innaturali, immersa in cocktail sempre nuovi di sostanze chimiche, siamo certamente più esposti a deficit immunitari.
In più, nel piatto troviamo sempre nuovi alimenti allergizzanti: tra ingredienti esotici e additivi industriali il nostro organismo viene continuamente a contatto con composti che a cui non è abituato.
Lo testimonia il lavoro dell’equipe di allergologia dell’ospedale Molinette di Torino. Qui opera un pool d’eccellenza che studia, diagnostica e cura ogni giorno un numero crescente di pazienti allergici ed è al centro della Rete regionale di allergologia e dell’Osservatorio regionale per le gravi reazioni allergiche entrambi coordinati dal dottor Gianni Cadario.
L’allergologa Sara Pellegrini, dal centro delle Molinette conferma la crescita esponenziale delle allergie e delle allergie alimentari.
«Ormai non c’è un’altra patologia che abbia una diffusione così alta – aggiunge la dottoressa Pellegrini – Tra le malattie cause di morte lo shock anafilattico causato da allergia grave è al terzo posto dopo infarti e tumori. E le anafilassi alimentari raggiungono il 30% degli shock anafilattici registrati al pronto soccorso».
La prima ragione di questa crescita è il progresso della diagnostica. «Oggi si parla di allergie più di quanto non si facesse un tempo, quando molti medici di base interpretavano manifestazioni allergiche come irritazioni e infiammazioni dovute ad altre malattie. Oggi c’è più coscienza e ci sono strumenti più efficaci per diagnosticare le allergie».
Di solito una persona sa bene di essere allergico a un alimento. Per tutta la vita fa molta attenzione a non ingerire o a non venire a contatto con l’allergene. Ma il rischio sale quando si trova al ristorante o a mangiare da amici oppure in una mensa scolastica.
«E’ importante non fare confusione tra intolleranze e allergie. L’intolleranza è “dose-dipendente”: il paziente presenta una carenza enzimatica che non gli permette di tollerare alte dosi di un allergene, ma a piccole dosi la persona non corre nessun rischio o magari non se ne accorge neppure. Per l’allergia vera e propria basta invece che anche solo qualche molecola dell’allergene venga a contatto con l’organismo allergico per scatenare la reazione».
L’allergia alimentare è scatenata quasi sempre da proteine che possono essere termolabili, e quindi essere assenti nei cibi cotti, oppure termoresistenti come la Lipid transfer protein (Ltp) che è associata ad allergeni vegetali come pesca, noci, oppure altre proteine associate a tessuti animali come pesci, crostacei e molluschi. E poi ci sono proteine che scatenano gradi diversi di reazioni allergiche. Alcune possono portare anche allo shock anafilattico. In questo ultimo caso basta che una parte infinitesimale venga a contatto con il paziente per scatenare la reazione allergica.
«Ci sono persone che magari sanno bene di essere allergiche al gambero e hanno cura di non mangiare cibi che contengono gamberi, ma se in un locale si cucinano i gamberi e inalano anche solo i vapori della cottura può scatenarsi una reazione allergica».
A proposito di gamberi (e pesce), bisogna fare attenzione agli allergeni incrociati.
«L’allergia al gambero può essere scatenata anche in persone che sono allergiche agli acari della polvere. L’organismo ha sviluppato un’ipersensibilizzazione a una proteina dell’acaro che l’organismo allergico confonde con una proteina del gambero scatenando la reazione». Un altro caso ben noto di cross-allergia è quello tra sensibilità al polline della betulla (che in Italia forma boschetti localizzati nelle zone di alta pianura, nelle Alpi e negli Appennini) e frutti come kiwi, noci, mela: la persona è sensibile al polline di betulla ma quando mangia una mela l’organismo crede di venire a contatto con la betulla e scatena la reazione allergica.
Le allergie alimentari, però, sono sempre malattie croniche che uno si porta dietro fin da bambino. Molto spesso sono anche ereditarie: l’80% di figli di allergici lo sono a loro volta. In famiglia, quindi, si conosce bene lo stato allergico ma solo se si è sempre manifestato con chiarezza. In parecchi casi il paziente ha sempre patito sintomi allergici lievi che ha sempre attribuito ad altre cause e dunque nessuno in famiglia se n’è accorto. E magari ad un certo punto della sua vita manifesta sintomi più gravi. Poi, soprattutto nelle donne, in particolari momenti della vita come la gravidanza e la menopausa la latenza diventa allergia anche grave. E se non si affronta bene un’allergia si possono sviluppare sensibilizzazioni a nuovi allergeni.
«Per questo, insistiamo molto sulle terapie iposensibilizzanti, cioè i vaccini che abituano l’organismo ad aumentare la tolleranza verso le sostanze irritanti. Se si riesce a stabilizzare il paziente è probabile che il suo sistema immunitario sia meno reattivo al contatto con nuove sostanze allergeniche». Ma se una persona è allergico a una sostanza alimentare la cosa si complica: non si può somministrare un vaccino contro la proteina Ltp.
E’ importante quindi la storia del paziente, ma è importante anche capire il suo stile di vita e il suo stato emotivo. Lo stress e l’aumento di patologie come reflusso gastroesofageo e colon irritabile favoriscono le manifestazioni allergiche a carico di organi che sono già irritati. Come per altre malattie anche per reagire bene agli stimoli allergici è importante avere un sistema immunitario efficiente, a partire dal Galt, il tessuto protettivo del tratto medio e finale dell’intestino che deve essere preservato il più possibile da irritazioni anche di origine alimentare.
Però occhio alle false allergie. Oggi c’è una grande attenzione verso le allergie e intolleranze alimentari, ma la sensazione di essere allergici a qualcosa è molto più diffusa delle allergie e delle intolleranze effettivamente diagnosticate.
Solo il 2% tra le persone che si credono allergiche o intolleranti risultano poi effettivamente affetti da queste patologie.
In Piemonte, un censimento effettuato tra le mense scolastiche comunali nel 2006, ha evidenziato che tra le famiglie è altissima la convinzione che un figlio sia allergico a un determinato ingrediente, ma senza che questa “leggenda familiare” sia mai stata confermata da una diagnosi specialistica. Addirittura, le diete speciali servite nelle mense scolastiche per “sospette” allergie o intolleranze ammontavano al 74%.
E in queste convinzioni non suffragate dalle analisi il cibo ha un posto preminente.
Nel database della Rete regionale ospedaliera di allergologia della Regione Piemonte al 30 giugno 2013 erano presenti i dati di 330.000 pazienti. La diagnosi della sezione “reazione avverse da alimenti” era presente 17.000 volte, pari al 4% e comprende allergie e intolleranze a vari componenti alimentari come il lattosio e il glutine.
«Per esempio c’è la credenza assai diffusa che un bambino che abbia manifestato intolleranza al latte o alle uova avrà sempre lo stesso problema. Invece dopo i 3 anni scompare la maggior parte delle intolleranze a latte e uova. Conosciamo molti pazienti che anni non mangiano un determinato alimento perché credono di essere allergici senza nessun fondamento scientifico e hanno sempre vissuto con diete di eliminazione che peggiorano solo la qualità della vita. Ma non amiamo mettere a dieta le persone. Anzi, il tentativo è quello di fare convivere il più possibile con una vasta gamma di cibi».
E come si fa a capire se una persona vive la sua personale mistificazione alimentare?
«Si prendono due cibi e si altera artificialmente il gusto, magari entrambi al sapore di menta – spiega il dottor Gianni Cadario – in uno si inserisce l’allergene a dosi infinitesimali. Nemmeno il medico sa in quale delle due porzioni è nascosta la sostanza irritante. Poi si registra la reazione dell’organismo a quella somministrazione. Così spesso si smascherano i falsi intolleranti e i finti allergici».
Così il paziente scopre che la sua vita non sarebbe poi così un inferno. Un cibo non fa più male dopo che è stato evitato tantissime volte.
Grazie a un esame accurato si scopre che si possono accettare inviti a cena, alle feste e soprattutto si può assaporare quel cibo prima tanto temuto. Succede qualche volta che un esame medico ti cambi la vita, ma in questo caso te la fa anche gustare.