Coronavirus, c’è anche una battaglia del latte
Il latte va a ruba nei supermercati eppure cala il prezzo alla stalla. Motivo? Come per altri alimenti sta mancando il grande filone dell’Horeca, dai ristoranti alle mense, in questo caso soprattutto per la produzione di latticini freschi come le mozzarelle. Il formaggio si vende ma solo al dettaglio, quindi in segmento limitato di mercato.
Ma gli allevatori stanno, ovviamente, continuando a mungere e il latte senza essere ritirato dai caseifici che hanno un smercio inferiore a prima, rischia di accumularsi e di andare a male. Il latte è, infatti, un prodotto che se non viene trasformato o imbottigliato subito non può essere stoccato.
Quello che sta succedendo è che, con la contrazione della domanda da parte dei caseifici, chi ritira il latte per confezionarlo o trasformarlo sta cercando di pagare un prezzo inferiore agli allevatori. C’è il rischio che esplodano le proteste a cui abbiamo assistito con il latte ovino in Sardegna.
Intanto, nelle prossime settimane, potrebbero subire dei cali le importazioni dall’estero ma, al momento, ogni giorno 5,7 milioni di litri di latte straniero attraversano le frontiere ed entrano in Italia con cisterne o cagliate congelate. Questo, appunto, mentre alcune aziende di trasformazione cercano di tagliare i compensi riconosciuti agli allevatori italiani, con la scusa della sovrapproduzione.
E questo, mentre, aumenta in modo vertiginoso il mercato al dettaglio di latte e formaggi per l’effetto segregazione da Coronavirus: nell’ultima settimana di rilevazione sui consumi ha registrato un balzo del 47% degli acquisti da parte delle famiglie, sulla base dei dati IRI che evidenziano anche l’aumento degli acquisti di formaggi, dalla mozzarella (+35%) al Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+38%).
“Chiediamo di rendere pubblici gli elenchi dei caseifici che importano latte e cagliate dall’estero e vogliono abbassare le quotazioni di quello italiano, con il superamento delle attuali farraginose procedure di accesso ai dati – afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini – È insostenibile la richiesta di riduzione del prezzo pagato agli allevatori proprio mentre i supermercati vengono presi d’assalto e nelle stalle si continua a mungere per garantire le produzioni e i rifornimenti nelle dispense degli italiani”.
Coldiretti chiede che “chi approfitta della situazione di emergenza venga escluso dai fondi previsti per sostenere il comparto agroalimentare come gli aiuti agli indigenti”.
Intanto, in Piemonte l’Assessorato all’Agricoltura della Regione ha effettuato una ricognizione – presso le rappresentanze agricole e agro-industriali regionali – delle problematiche emerse a seguito delle disposizioni nazionali finalizzate al contenimento della diffusione del Covid-19.
Qui, le eccedenze sono ritirate da Inalpi S.p.A.di Moretta (CN) che, in gran parte, li destina alla produzione di latte in polvere per l’industria dolciaria.
Il latte che non può essere lavorato da Inalpi viene comunque ritirato e venduto a Parmalat e Granarolo per trasformarlo il latte Uht a lunga conservazione. In una settimana sono stati ritirati oltre un milione e 600mila litri, pagati da Inalpi al prezzo degli accordi di filiera.
Invece, i caseifici che hanno problemi a smaltire il siero del latte che si forma con la cagliata potranno smaltirlo negli impianti digestori per la produzione di biogas. Il siero è un alimento, solitamente destinato alla produzione di mangimi animali (suini, in primis) e non può essere smaltito come scarto negli impianti che producono biogas.
La Regione Piemonte ha autorizzato l’invio di siero di latte, tal quale o concentrato, quale sottoprodotto, agli impianti di digestione anaerobica autorizzati ai sensi del D. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, in deroga alla composizione delle matrici in ingresso ai biodigestori contenuta nelle singole autorizzazioni e nelle more del riconoscimento sanitario previsto.