Cibo e farmaci, parenti serpenti
di Silvia De Francia
Nessuno ci fa caso, ma i cibi e le bevande interagiscono con i farmaci che assumiamo. Anzi, il rapporto cibo-farmaci, se sottovalutato, può avere conseguenze anche molto gravi.
Tra le mani, qualche volta, ci sarà certamente capitato di avere il bugiardino di un farmaco. E, qualche volta, magari, l’avremo anche letto. L’occhio, quasi spontaneamente, si sarà soffermato all’inizio, dove vengono riportate le indicazioni per l’assunzione. Poi avremo scorso velocemente il resto, sino ad arrivare alla posologia. Quante volte al giorno? Per quanto tempo?
Sorvolando, più o meno volutamente, sulle altre informazioni riportate, altrettanto rilevanti, a questo punto a nostra insaputa, per la buona riuscita della cura prescritta. Note quali “assumere a stomaco pieno” o “lontano dai pasti” rivestono, infatti, un significato decisamente più ampio di quanto si possa credere. E, oltre a tali note, per così dire, generiche, sui bugiardini più evoluti, tra le controindicazioni vengono anche indicati nello specifico i cibi con cui è sconsigliato assumere il farmaco in questione.
Ma, diciamoci la verità, spesso, a queste informazioni facciamo poca attenzione. Eppure, tra i fattori che concorrono al buon esito di una terapia, un’importanza non trascurabile rivestono proprio le potenziali interazioni dei farmaci con integratori, prodotti erboristici ed alimenti.
Già in fase di sviluppo di un farmaco nuovo, infatti, oltre alle interazioni farmaco-farmaco, quelle cibo-farmaco sono oggetto di attenzione da parte delle aziende farmaceutiche e delle agenzie regolatorie. L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha recentemente sviluppato ed aggiornato delle apposite linee guida (“Guideline on the Investigation of Drug Interactions”, 2013) atte a delineare un approccio globale alla valutazione del potenziale di interazione di un farmaco, fornendo così un indirizzo utile al medico su come gestire tali interazioni.
Cibi e bevande, dunque, possono influire sul destino che un farmaco subisce all’interno del nostro organismo, una volta ingerito. In termini scientifici, ne influenzano l’ADME, ossia la serie di processi biochimici e non che caratterizzano la fasi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione di ciascun farmaco.
Queste interferenze possono, a seconda del meccanismo chiamato in causa, bloccare l’azione del farmaco oppure potenziarne la tossicità a livello di un particolare effetto collaterale o creando inattesi effetti collaterali anche gravi.
Perciò, oltre alla posologia, chi assume un medicinale dovrebbe seguire attentamente tutte le avvertenze contenute nel bugiardino. Dall’assunzione a stomaco vuoto (che vuol dire un’ora prima o due ore dopo i pasti), all’assunzione a stomaco pieno (ossia durante o subito dopo un pasto), all’esclusione temporanea, dalla propria dieta di particolari alimenti o bevande che interferiscono con la terapia prescritta. Alcune medicine, ad esempio, agiscono più rapidamente se assunte a stomaco vuoto. D’altra parte, alcuni farmaci possono provocare disturbi gastrici e la presenza di cibo nello stomaco, a volte, è in grado di limitare tale effetto.
Un adeguato regime alimentare, dunque, può influenzare l’efficacia di un farmaco.
Facciamo qualche esempio. Vediamo su quali alimenti e bevande è opportuno fare attenzione quando si è in terapia farmacologica.
Le fragole, caratterizzate dalla spiccata capacità di stimolare la liberazione di istamina (molecola mediatrice di reazioni infiammatorie ed allergiche) da parte del sistema immunitario, sono, ovviamente, controindicate se si sta facendo una terapia antistaminica.
I formaggi stagionati, come anche caffè e cioccolato, invece, contengono la tiramina, sostanza con attività ipertensiva, ossia in grado di aumentare la pressione arteriosa. Nell’uomo la tiramina viene metabolizzata dalle monoamminoossidasi (MAO). Pertanto, un elevato apporto alimentare di tiramina in soggetti trattati con farmaci anti-MAO (antidepressivi) può produrre un aumento significativo della pressione, sino all’insorgenza di vere e proprie crisi.
Il latte: alcune tetracicline (antibiotici) vengono normalmente intrappolate dal calcio, principale costituente del latte, venendo così assorbite più lentamente.
Le verdure a foglia verde e larga: questi alimenti contengono buone percentuali di vitamina K, sostanza antiemorragica, in grado di contrastare l’azione dei farmaci anticoagulanti, riducendone notevolmente la capacità di mantenere il sangue fluido. Le persone, quindi, a rischio di trombosi ed in trattamento con farmaci anticoagulanti orali dovrebbero eliminarle dalla dieta.
L’alcol: l’interazione tra farmaci e alcol è una di quelle che bisognerebbe sempre evitare. In particolar modo l’alcol potenzia gli effetti sedativi di alcuni tranquillanti, quali ansiolitici, antidepressivi, sedativi e barbiturici. Se assunto insieme ad alcune classi di antibiotici, inoltre, può dare fastidiosi effetti collaterali quali arrossamento del volto e del collo, palpitazioni e vomito. Riduce, infine, l’effetto di antiepilettici, di farmaci per il diabete e per il cuore.
Molteplici, ancora, sono le interazioni che possono instaurarsi tra farmaci e caffeina. Fra le più importanti, quella con antipsicotici, che, se assunti con caffè, funzionano di più, benzodiazepine, che, invece, funzionano meno, ed antipiretici quali, ad esempio, la tachipirina, con cui la caffeina forma un metabolita tossico a livello epatico. Da sapere, però, che la caffeina aumenta l’effetto dei farmaci broncodilatatori: spesso viene anche consigliata, infatti, in caso di crisi asmatiche.
Come la caffeina, contenuta nel caffè, così anche la teina e la teobromina, contenute rispettivamente nel tè e nel cioccolato, esplicano effetto broncodilatatore, migliorando notevolmente le capacità respiratorie.
Sono ormai più di vent’anni, inoltre, che si è scoperto che il succo di pompelmo è in grado di influenzare l’efficacia di numerosi farmaci, agendo in senso positivo o negativo sul loro metabolismo. Antipertensivi, modulatori del sistema nervoso centrale, anticolesterolemici, immunosoppressori, antivirali, antistaminici, antiaritmici, antibiotici, dunque, non vanno assunti con il succo di pompelmo, al fine di evitare assorbimenti diversi da quanto normalmente atteso.
Anche il succo di mirtillo si comporta allo stesso modo, influenzando negativamente l’assorbimento del warfarin, noto anticoagulante.
Sembrerebbe, infine, da alcuni studi recenti, che anche arance, mandarini, mele, spinaci, pomodori ed avocado possano interagire con l’assunzione di farmaci.
Il cibo, dunque, in conclusione, andrebbe considerato come un farmaco vero e proprio. E, come di un farmaco, andrebbero conosciuti i principi attivi, le dosi, gli effetti e le possibili interazioni. Insomma, anche il cibo andrebbe “assunto con attenzione” e non solo consumato.