Cenare italiano salva 30.000 posti di lavoro
La scelta di un menù italiano per i pranzi ed i cenoni delle feste, ma anche quella del regalo enogastronomico veramente Made in Italy da mettere sotto l’albero, salva circa 30.000 posti di lavoro.
E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti “Il Natale sulle tavole degli italiani”, presentata all’Assemblea Nazionale, dalla quale si evidenzia che le scelte di Natale degli italiani quest’anno sono decisive per la sopravvivenza di molte imprese.
Quasi sette italiani su dieci (67 per cento) vogliono acquistate prodotti Made in Italy per la tavola del Natale. Questo purtroppo non è sempre possibile perché le etichette ingannano.
Contiene infatti materie prime straniere circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole.
E spesso oltre all’inganno la scarsa trasparenza delle etichette nasconde vere e proprie contraffazioni come dimostrano i sequestri effettuati dai carabinieri dei Nac e dei Nas per garantire un Natale sicuro agli italiani.
Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere.
Questo accade perché per oltre la metà della spesa l’etichetta non è trasparente poiché non è stata ancora data applicazione ad una legge approvata nel 2011 dal Parlamento con il pressing della Coldiretti, che prevedeva l’indicazione obbligatoria dell’origine delle materie prime impiegate.
Ad oggi l’obbligo di indicare la provenienza vale solo per carne bovina (dopo l’emergenza mucca pazza), pollo (dopo l’emergenza aviaria), per l’ortofrutta fresca, le uova, il miele, il latte fresco, la passata di pomodoro e l’ extravergine di oliva, anche se in questo caso serve una lente di ingrandimento per riconoscerlo.
Non c’è invece l’obbligo per pasta, succhi di frutta, latte a lunga conservazione, formaggi, carne di maiale, salumi, concentrato di pomodoro o sughi pronti per i quali viene invece indicato solo il luogo di confezionamento o di ultima trasformazione che può facilmente tranne in inganno.