Carlin Petrini contro “gli spadellatori in Tv”
Pollenzo (CN) – Carlin Petrini contro la moda degli cuochi in Tv e soprattutto contro Joe Bastianich, il ristoratore-critico gastronomico, star di Masterchef, testimonial per una pubblicità della Buitoni.
Il presidente di Slow Food e dell’Università di Pollenzo ha stigmatizzato l’esplosione mondiale del fenomeno dello show cooking televisivo come una banalizzazione del cibo che privilegia solo “la componente ludica” e che fa apparire i cuochi-star come dei guru. Personaggi che passano “come maestri di vita” dimenticandoci “che pensano solo al proprio portafoglio”, come, appunto, Bastianich, citato indirettamente come “uno di questi che era anche un mio amico e che adesso trovo a fare la pubblicità per la Buitoni”.
Carlo Petrini ha parlato ieri, 18 febbraio, agli studenti e al corpo docente dell’Università di scienze gastronomiche nel corso della cerimonia dell’inaugurazione del decimo anno accademico della storia di questa giovane Università “anomala”. Ha invitato i giovani “figli di Pollenzo”, “ambasciatori delle Langhe nel mondo”, a mantenere una “visione olistica” del cibo, tenendo insieme l’aspetto culinario con quello sociale e ambientale.
“È nostro dovere volare più basso – ha ripetuto – Oggi questo settore è diventato di moda ed è oggetto di un’esposizione mediatica da dare fuori di matto. Non c’è Tv al mondo che non trasmetta programmi di cucina e si è finito per trasformare gli chef in maitre a penser. Gente che, da dietro i fornelli, ti vuole insegnare a vivere. È stato anche utile a fare conoscere un mondo, se è vero che oggi il 24 per cento dei bambini italiani vuole fare lo chef. Ma quando sarà finita questa mania dello spadellamento in diretta c’è il rischio di ritrovarsi senza niente. La gastronomia non deve deragliare in terreni scientifici e morali per poi abbandonare tutto quando finisce la moda. Una gastronomia ludica, di maniera, che ha perso la connessione con il mondo reale non serve a niente”.
Il modello Slow Food prevede, invece, che la cucina non sia disgiunta dai grandi problemi del mondo come la morte per fame, la devastazione ambientale contrapposte a “sprechi alimentari senza precedenti”.
Dal 2004, l’Università di Pollenzo ha già formato oltre 1400 tra laureati e diplomati che ora operano in tutto il mondo. Una rete nel mondo, collegata agli attivisti di Slow Food in tutti i continenti, che contribuisce a diffondere gli ideali di “buono, pulito e giusto” attraverso la creazione di imprese nel settore agroalimentare.
Strano che sia proprio Petrini a stigmatizzare i cuochi che pensano al lucro, che vogliono “insegnare a vivere”, che cavalcano la moda della spettacolarizzazione del cibo.
Mi pare che SlowFood (nato Arcigola) abbia capito presto come fare soldi attingendo alle casse pubbliche (cominciando a cancellare Arci…). Inoltre da 20 anni pretende di insegnare uno “stile di vita” sano (possibile solo attraverso l’acquisto e il consumo di prodotti “certificati” dai vari Panieri e Arche del Gusto), sguinzagliando in giro per le tv, le radio, le manifestazioni pubbliche a sfondo politico/culturale i suoi adepti, santoni del vero sapere eno-agro-gastronomico.
Ma come questi chef-divi anche Petrini è stato utile: ha fatto appassionare il grande pubblico a ciò che si mangia, alle mille cose che ci stanno attorno e che davamo tutti per scontate. Punto. Il resto è business, sotto fli occhi di tutti, per coloro che sono stati accolti a vario titolo alla corte del signore di Bra: produttori, divulgatori, giornalisti, venditori, politici, ristoratori, …
Ora, finito di spremere l’Italia e poi l’Europa, SlowFood ha issato la bandiera dei “problemi legati al cibo”, della fame nel mondo per incanalare verso Bra nuovi fondi proveniente da più lontano, dalla FAO.
Geniale davvero, ma certamente poco autorevole a giudicare chi fa business, anche perché se non altro gli chef-divi prendono soldi ad aziende private, non alle casse pubbliche, “vendendo” un prodotto: la pasta o un programma