Annata amara per il miele, il clima pazzo dimezza la produzione
Una primavera con un andamento climatico anomalo, caratterizzato dalla combinazione di temperature a tratti troppo alte e a tratti troppo basse, con fasi prolungate di piovosità e siccità eccessive, ha provocato ingentissimi danni al comparto apistico. La produzione di miele di acacia in Piemonte, secondo le rilevazioni di Ismea, si è dimezzata: su 164.296 alveari in produzione a destinazione commerciale (esclusi quelli per autoconsumo) oltre la metà ha subito danni del 100% per un mancato ricavo di 16,5 milioni di euro.
Confagricoltura Piemonte ha scritto alla Regione per chiedere un sostegno alle aziende danneggiate. In particolare Confagricoltura ha proposto l’apertura di un bando straordinario volto a concedere contributi per il credito di conduzione, l’attivazione delle procedure di riconoscimento del carattere di eccezionalità degli eventi atmosferici allo scopo di attivare in deroga il fondo di solidarietà nazionale e la risoluzione, entro la prossima campagna, della criticità dovuta all’assenza di polizze specifiche per l’apicoltura che impedisce l’accesso al sistema nazionale di gestione del rischio (assicurazioni con polizze agevolate).
Dove non si è potuto intervenire tempestivamente con l’alimentazione di soccorso si è assistito ad una mortalità elevata delle colonie di api o a un loro indebolimento, tale da rendere impossibile eventuali successivi raccolti. Il maltempo ha anche causato frequenti e imprevedibili episodi di sciamatura con conseguente ulteriore riduzione del potenziale produttivo degli alveari.
Andrea Bianco, apicoltore professionale di Caluso associato a Confagricoltura, titolare di un’azienda con oltre 300 alveari e una produzione di miele venduta in Italia ed esportata con successo, prevalentemente negli Stati Uniti e in Giappone, sottolinea la difficoltà del momento. “A luglio siamo riusciti a recuperare un po’ con la produzione nella fascia alpina dai 600 metri in su, ma le api erano ormai stressate e non tutte sono riuscite a recuperare in tempo le condizioni per poter sfruttare questa situazione favorevole”.
“La necessità di alimentare artificialmente le api con zuccheri, per garantirne almeno la sopravvivenza – fanno rilevare i tecnici di Confagricoltura – ha inciso pesantemente sui costi aziendali; occorre intervenire per salvaguardare un comparto importante non soltanto ai fini reddituali, ma soprattutto per il mantenimento dell’equilibrio ambientale: le api, infatti, sono le sentinelle dello stato di salute del territorio e della sua biodiversità”.
La produzione mondiale di miele, secondo i dati FAO, è di circa 1,86 milioni di tonnellate. L’Asia, da sola, produce il 49% del miele mondiale, con la Cina primo produttore con 543.000 tonnellate annue.
L’Unione Europea, in base ai dati della Commissione Agricoltura UE, produce circa 230.000 tonnellate di miele. L’Europa è autosufficiente al 60% e importa miele da Cina (40% dell’import) e Ucraina (20%).
L’Italia è il quarto paese dell’Unione Europea per numero di alveari (1,4 milioni), dopo la Spagna (2,9 milioni di alveari), la Romania (1,8 milioni) e la Polonia (1,6 milioni).
La produzione annua italiana, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale sul Miele, è di circa 23.300 tonnellate, ottenuti da oltre 1,4 milioni di alveari, di cui circa 390.000 stanziali e 556.000 nomadi (il resto è destinato a produzione hobbistica e autoconsumo).
In Italia quest’anno la perdita produttiva stimata (dati Ismea) di miele di acacia e di agrumi è di oltre 10 mila tonnellate, pari a oltre il 40% della produzione media annua attesa in condizioni normali, per un danno complessivo di circa 73 milioni di euro.
Il Piemonte è la prima regione italiana produttrice di miele, con oltre 5.000 tonnellate stimate nel 2018, seguita da Toscana (3.000) ed Emilia Romagna (2.000). Le aziende professionali che praticano nomadismo in Piemonte ottengono mediamente circa 33 kg di miele per alveare (30 kg la media nazionale).