All’Istituto Beccari di Torino, dove i sogni vivono in cucina
Crescono le iscrizioni agli Istituti professionali che insegnano l’antica “arte bianca”, quella dei cuochi e dei camerieri, dei pasticceri e dei maître d’hotel ma anche dei baristi e dei pizzaioli.
La febbre dei cuoco ha contagiato anche gli adolescenti torinesi. Anche loro estasiati di fronte ai divi televisivi della cucina italiana e mondiale, anche loro a sperare di diventare un giorno un Carlo Cracco, un Antonino Cannavacciuolo o un Joe Bastianich.
E così l’Istituto di arte bianca di Torino, intitolato a Jacopo Bartolomeo Beccari, chimico del Settecento precursore della microbiologia, cresce e attende per il prossimo anno scolastico il pieno con 1400 allievi.
“Io sono il primo a stupirmi – confessa il preside Salvatore Perna, al Beccari da un anno e mezzo – credevo che l’eccellenza della scuola superiore fosse ancora rappresentata dal liceo classico o dal liceo scientifico, invece, oggi, la scuola che apre le porte al successo nella vita è anche la nostra, un istituto professionale che prepara a condurre un ristorante. Molto hanno contribuito i programmi Tv dedicati alla cucina, che hanno nobilitato il mestiere dello chef tra le professioni di livello”.
Ma al Beccari le iscrizioni arrivano anche per la semplice osservazione della realtà economica di Torino e del Piemonte, dove il settore enogastronomico è l’unico a non sprofondare sotto il peso della crisi. Le famiglie italiane e immigrate vedono nella ristorazione e nel turismo un’opportunità reale per i propri figli.
“Chi esce da qui trova lavoro. Se i ragazzi sono bravi è assolutamente sicuro, ci metto la mano sul fuoco” continua il preside.
Dopo il Beccari, di solito i ragazzi vanno a fare un po’ di esperienza in ristoranti, pizzerie, bar, magari con il sogno di aprire, un giorno, un loro locale. In pochissimi si iscrivono all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, per l’alto costo della retta, ma anche perché non c’è ancora quella saldatura tra il mondo del professionale dove impari a sporcarti le mani con il cibo e a “servire” il cliente, e il mondo un po’ elitario degli intellettuali dell’alimentazione. Si può dire che al professionale i messaggi di Slow Food arrivano in forma di eco ancora molto lontana.
Nelle sue tre sedi, il corso di studi al Beccari è suddiviso in un biennio comune, dove i ragazzi ricevono le basi per sapere fare un po’ di tutto nel settore ricettivo e della ristorazione, e un triennio di specializzazione, dove si affinano le conoscenze in enogastronomia (ristorazione e artigianato dolciario), servizi di sala, accoglienza turistica.
L’istituto inventa prodotti, come la Beccarina, squisita torta di nocciole rigorosamente della varietà “tonda gentile”, riceve i premi del Rotary per il miglior studente, vince competizioni di settore e offre servizi di catering all’esterno “per pagare gli alti costi delle materie prime”. Il costo degli ingredienti è una voce pesante per un bilancio scolastico che oltre ai costi di gestione delle sedi e alla manutenzione deve sostenere gli acquisti continui di prodotti alimentari di base che vengono utilizzati di continuo nelle lezioni e nelle esercitazioni. “Ogni mese spendiamo oltre 7.000 euro di ingredienti. Una sola lezione di cucina per una classe terza costa almeno 60 euro. Per una prima il costo si aggira comunque sui 20 euro”.
E con un magazzino pieno di alimentari che vanno dalla pasta alla farina, dallo zucchero alle uova ma anche ai formaggi e ai prosciutti, c’è il rischio che qualcosa sparisca; così come può accadere per gli attrezzi da cucina. “Non per niente arrivo prima di tutti e vado via dopo che le lezioni sono tutte concluse, e so sempre che cosa c’è in magazzino e cosa è stato usato durante la giornata”.
Ma qual è la prima cosa che deve imparare un ragazzo che vuole lavorare in una cucina? “La prima cosa è l’educazione – rispondono i docenti di cucina – Che va insieme al rispetto dei ruoli e della gerarchia. Poi, l’ordine e la pulizia nel lavoro, che passano anche da una divisa sempre completa e impeccabile. Questo è un settore dove si è sempre a stretto contatto con il cliente, che tra l’altro sempre più spesso viene a curiosare in cucina. Se ci presentiamo mal vestiti o poco educati perdiamo il cliente. Poi i ragazzi devono imparare le tecniche e devono affinare il gusto, ma queste capacità, con l’attenzione e la pratica prima o poi arrivano”.
Nei dolci, vecchia e nuova eccellenza torinese, la tecnica è soprattutto equilibrio calcolato di ingredienti. “Questo non è un gioco – puntualizza Gianpiero Mariano, docente di pasticceria – La precisione è fondamentale e si impara seguendo le tecniche e con l’analisi sensoriale”.
Un gruppo ha appena preparato tavola sotto gli occhi attenti dell’insegnante Teresa Lobreglio, e poi lo ritroviamo al bar a servire i caffè (con il cucchiaino rigorosamente dalla parte del manico della tazzina) e a preparare il “bicerin di Cavour”, orgoglio riscoperto della caffetteria subalpina. Un altro gruppo sta assistendo alla dimostrazione di sfilettatura della sogliola, con le divise dei primi anni e quelle dei triennio, i capelli curati, le mani dietro la schiena.Bravi ragazzi che sognano di diventare star.
Nel frattempo sono messi sotto da professori-sergenti e dalle famiglie. “Se studi cucina, a Natale e a Pasqua sei fregato: a casa sei tu che devi preparare il pranzo e i parenti si mettono pure a giudicarti. Proprio come a scuola”.
Buongiorno,mi piacerebbe entrare in questa scuola per poter imparare molte cose sulla cucina!imparo molto infretta vi rigrazio ,spero in una vostra risposta cordiali saluti
Vai pure sul sito dell’Ist. Beccari. Sono aperte le iscrizioni
Buongiorno, a mia figlia piacerebbe imparare arte bianca. Ha una disabilità lieve di ritardo cognitivo. La vostra scuola e attrezzata per poter accogliere ragazzi con questo tipo di disabilità? Grazie.
Salve, questo è un sito di informazione.
Ma può contattare direttamente l’Istituto