La doppia vita dell’informatico, la sera diventa D’Artagnam chef a domicilio
Il soprannome “D’Artagnan” glielo hanno appioppato per via del capello lungo e del pizzetto che fanno molto “cappa e spada”. Ma la cappa di Danilo Capitani, chef a domicilio, è quella che sta sopra i fornelli e la spada che preferisce è un bel coltello trinciante per affettare le sue amate cipolle.
La sua è una storia molto “tofooder”. Dopo una vita passata davanti ai Pc del Csi Piemonte, ha preso la palla al balzo della Cassa integrazione per provare a cambiare vita e coronare il suo sogno: fare da mangiare per lavoro. Un lavoro da svolgere insieme al cliente, inventando, riscoprendo, abbinando gusti e profumi in un mix di tradizione e innovazione. “Ho frequentato importanti corsi di cucina – ci ha raccontato – un impegno faticoso che abbinavo al lavoro. Ma alla fine ce l’ho fatta”.
Così si è messo a fare il personal chef e si fa chiamare “D’Artagnam”, in omaggio a quella sua faccia cinematografica e alla soddisfazione provata nel vedere gustati i frutti delle sue creazioni.
La sua non è certo un’invenzione. Ma di personal chef a portata di normali tasche se ne vedono ancora pochi. Finora questa era una figura ricercata solo da clienti ricchi e snob. Invece, la proposta di Danilo è offrire costi abbordabili per una prestazione professionale che include una relazione con il cliente quasi da amico di famiglia.
“Nel prezzo sono compresi l’uso delle attrezzature e il mio lavoro, che si conclude con la pulizia accurata di tutta la cucina – ci ha spiegato Danilo – Il costo del mio servizio a casa del cliente è quello di un normale ristorante siamo sui 20-25 euro a testa, per un menù che comprende due antipasti, un primo, un secondo e un dolce”.
Costa come il ristorante ma a offrire la cena in casa è un’altra musica. “In un locale tu sei uno dei tanti. Devi prenotare, devi aspettare, mangi quello che trovi sul menù, sei al tavolo con amici ma in mezzo a gente che non conosci. Molti non riescono a rilassarsi davvero. Invitare a casa significa dimostrare ospitalità, attenzione verso gli amici, e poi ci si rilassa davvero. Con il mio servizio il cliente offre la cena a casa sua senza preoccuparsi di nulla. Non deve fare la spesa, non deve spadellare per 4-5 ore, e, a tavola, può mettere la musica che gli piace, può scherzare, può fare quello che vuole”.
E poi, già che lo chef è lì a portata di mano, si può anche imparare qualcosa. “Un altro vantaggio è proprio l’interscambio con il cliente. Mentre preparo i piatti nella sua cucina il padrone di casa può venire a vedere come lavoro, può imparare i miei segreti. Io non tengo nulla per me, se vuole gli spiego tutte le mie tecniche e poi faccio fare anche a lui. Alla fine, l’occasione della cena si è trasformata anche in una lezione di cucina”.
Danilo non ha certo inventato nulla, però la novità sta nella ricerca del rapporto con il cliente. Molti chef si stanno proponendo come cuochi a domicilio perché è una formula che permette di abbracciare una passione senza indebitarsi con le banche per aprire un ristorante. Ma la vera sfida è farsi apprezzare anche per il rapporto umano, quasi come uno della tavolata. “Se me lo chiedono servo anche a tavola e naturalmente sono a disposizione per ogni genere di domande su quello che ho cucinato. Anche perché io cerco di proporre sempre piatti che non si trovano molto in giro o che sono quasi una mia invenzione. Piatti che, suscitano sempre una buona dose di curiosità”.
Un menù di D’Artagnam è fatto di ricette semplici ma di sicuro effetto. “Castelmagno con cipolle, gamberetti in crosta, risotto con le fragole o con formaggio e riduzione di vino rosso, oppure tagliatelle al pesto di agrumi, con pomodorini, arance di Ribera e capperi; trancio di filetto sfumato allo spumante bordato con guanciale”.
E per ingaggiare uno chef a casa propria non servono spazi e dotazioni particolari. “Prima della serata faccio un sopralluogo per rendermi conto di dove sto andando a lavorare. Ma per cucinare basta un tavolo, un piano di lavoro e quattro fuochi. Il resto lo porto io”.