Se il capitone di Capodanno sa di fango è colpa dell’alga
Il capitone che avete mangiato a Natale sapeva di fango? Oppure quello che mangerete a Capodanno avrà un gusto di alga di fiume?
Se è così vuol dire che non è stato allevato in acque pulite e che non è stato fatto spurgare in acqua corrente..
Il gusto di fango è una caratteristica tipica dei pesci che vivono in acque ferme o lente, ma solo se ricche di microalghe (le acque che d’estate diventano verdognole o giallastre, per intenderci). E le vasche degli allevamenti spesso non fanno eccezione.
I pesci tipici di acque dolci, conosciute nella tradizione contadina, con questo gusto erano: anguilla, carpa, tinca, pesce gatto. Si tratta anche di pesci che riescono a vivere senza grandi tenori d’ossigeno disciolto nell’acqua e per questo possono essere stabulati anni in stagni artificiali dove l’acqua si scalda facilmente e non ha ricambio.
Per questa facilità di allevamento (ma anche per il grande contenuto nutritivo delle loro carni) erano i pesci consumati nelle cascine della Pianura Padana.
Ed è proprio nella cucina contadina che si sono tramandati i sistemi per abbattere il gusto di “nita” (“fango” in piemontese) attraverso alcuni accorgimenti; primo tra tutti quello di uccidere il gusto e aumentare la conservabilità con ricette in “carpione” cioè con immersione in marinate molto liquide a base di aceto. In questo caso, il pesce che si cucinava preventivate fritto, si conservava per intere settimane.
Il gusto di fango è dato da microalghe o cianobatteri (sono più o meno la stessa cosa) che, con i movimenti della bocca, necessari per la respirazione e l’alimentazione del pesce, entrano nell’apparato digerente e fissano nel muscolo questo retrogusto sgradevole.
Oggi però, il gusto di fango è esteso anche a i pesci di acqua corrente, come quelli che vivono nel Po a Torino. Il gusto di fango diventa sentore di “fogna” che attacca anche pesci da acque ricche di ossigeno ma che vivono in tratti molto eutrofizzati, cioè inquinati con contaminanti organici come gli scarichi fognari. È così, da gusto di pesci da stagno è diventato il gusto delle trote del Po a Torino, dei barbi dell’Arno a Firenze, dei cavedani e del Tevere a Roma.
Per mandare via questo gusto si devono stabulare i pesci in acqua corrente pulita aspettando che i prodotti di risulta dei cianobatteri siano eliminati per via renale. Per questo, il capitone sarebbe meglio comperarlo vivo, in una pescheria o in un banco del supermercato che lo ha mantenuto almeno tre giorni in acqua corrente.
Il “gusto di fango” è dato anche alle trote dei laghetti dove si pesca a pagamento, laghetti non alimentati da acqua sorgiva e sovraffollati di pesci. Oppure in quelle allevate da piscicolture poco attente alla proliferazione di alghe brune. Se le trote sono state allevate in vasche sporche dove l’acqua corrente non basta a spazzare vie gli escrementi e le microalghe, anche un bel filetto di trota salmonata sa di fango. Qualche giorno fa in un prestigioso ristorante di Torino ci è capitato di ordinare proprio un filetto di trota salmonata cucinato con una ricetta davvero invitante, con panna e ginepro. Ma all’assaggio la carne di pesce era immangiabile proprio per il forte gusto di fango da pesce allevato in vasche poco igienizzate e con acqua a ricambio troppo lento, oppure riciclata.
Tornando alla nostra anguillona a cui è stata impedita la via del ritorno alla zona della riproduzione (il capitone), se venisse pescata in fiume con acqua corrente o in mare (raro ma possibile) oppure in un grande lago glaciale, non “saprebbe di fango”.
Il sapore di fango non comporta problemi per la salute.
I pesci che vivono in ambienti eutrofizzati si possono mangiare benissimo, come risulta da analisi compiute dall’Istituto Zooprofilattico di Torino su trote pescate nel Po alla Gran Madre e della Dora Riparia a Collegno: risultavano perfettamente a norma nelle concentrazioni di metalli, Ddt, idrocarburi. Ma, aperte in laboratorio, hanno sparso un odore immondo di fogna.
Ma non a tutti questo gusto fa poi così schifo. E molti pensano che sia caratteristico del pesce, un po’ come per qualcuno “l’odore di porto” è l’odore del mare.
Tempo fa, abbiamo cucinato proprio una trota del Po, pescata a Moncalieri: salmonata naturale, stupenda. Ma portata in tavola era immangiabile. Eppure due amici hanno detto che era buonissima, “molto delicata” e “non è vero che ha un gusto cattivo, è il gusto del pesce”… De gustibus.