Nelle mense scolastiche di Torino, dove vanno 46mila pasti al giorno
Siamo andati a provare due mense scolastiche di Torino.
Sull’onda delle polemiche di settembre abbiamo deciso di vedere di persona, una volta che l’effetto mediatico si fosse allentato, come funziona un servizio che ha sollevato tante polemiche.
Così, abbiamo pranzato alla scuola materna Borgo Crocetta di corso Duca degli Abruzzi 50 e subito dopo alla scuola primaria Coppino di via Cristoforo Colombo 36. Nello stesso giorno.
Ci siamo andati senza pregiudizi. Senza stare dalla parte di chi dice che il Comune vuole fare cassa sullo stomaco dei bambini e senza fermarci ai riconoscimenti ottenuti dal sistema mense scolastiche di Torino.
Anzi, per la verità, ci siamo andati un po’ prevenuti nei confronti di qualunque servizio mensa, aziendale o scolastico che sia. Ma anche nella consapevolezza che mettersi a gestire una mensa è un po’ come mettersi a gestire il riscaldamento di un condominio, non si accontenta mai tutti. Anzi, in questo caso, ci si mette pure l’emotività dei genitori e la riluttanza dei bambini verso i cibi sconosciuti.
Comunque, se a 2 mesi e mezzo dall’inizio dell’anno scolastico e dall’introduzione del nuovo capitolato “green” per le mense, le polemiche non sono più quelle feroci dei primi giorni , il sistema ha certamente ancora bisogno di qualche aggiustamento. E tra poco si entra in un’altra novità: via le stoviglie usa e getta, tutto sarà lavato e riutilizzato.
E proprio il primo giudizio, quello sulla pulizia e sulla “sanità” degli ambienti e dei contenitori è positivo. Anzi, è negativo, nel senso che, in una mensa scolastica non si può stare come in ospedale. Qui regna l’ossessione per l’igiene e il terrore di uno scandalo come quello che ancora aleggia tra gli uffici comunali di cui fu responsabile la famigerata polpa di granchi a metà degli anni ’90. Così vige un sistema di controllo scientifico che tiene d’occhio tutti i punti critici della catena. Anche perché, in caso di problemi, bisogna risalire alle responsabilità tra ditte che cuociono, fornitori, refezioni scolastiche.
Nel sistema mense scolastiche di Torino anche il cuore duro della carota per non parlare del capello, bastano per fare scattare il blitz a scuola delle ispettrici comunali, con tanto di sigillo del “reperto”, come si trattasse di una prova da portare in giudizio. Se poi, salta fuori un bruchetto nella verdura o una lisca nel pesce, il sistema delle ammonizioni per i fornitori può portare rapidamente alla risoluzione del contratto. Il “verme” (che verme non è) sarebbe pure una garanzia indiretta di agricoltura sana, ma si finisce subito sui giornali e le poltrone saltano. Meglio che i bruchi se ne stiano nei campi nella loro resistenza quotidiana contro gli insetticidi.
Se a casa si paciocca il cibo con le mani (giustamente) qui tutto deve essere toccato con i guanti, le operatrici devono indossare mascherine, manco non avessero passato la visita di idoneità sanitaria e i continui corsi di aggiornamento di cui mostrano appesi gli attestati. E poi cuffie e grembiuli, come se si stesse in sala operatoria.
E poi c’è l’altra ossessione, quella del controllo: campioni di ingredienti devono essere conservati per una giornata a disposizione delle ispezioni dei membri del Comitati mensa dell’asilo e un vassoio con cibi cotti deve essere a disposizione degli stessi controlli dei membri del Comitato mensa dell’elementare. Controlli che, tra l’altro, non avvengono mai.
E poi c’è la qualità del servizio.
Abbiamo speso molto tempo per informarci, intervistando i responsabili del controllo mense del Comune e i vari operatori della scuola. Quindi il nostro giudizio sulle temperature dei cibi non è dei più attendibili. Ma per dovere di cronaca segnaliamo che all’elementare, dove si fanno i turni per servire oltre 600 bambini, è evidente che se i cibi cotti arrivano alle 11,30, l’ultimo turno, quello delle 13, non mangia proprio tutto caldo, anche se le confezioni vengono vuotate nel banco termico.
Però, tiepida o calda che sia, la pasta (sedani) è anche scotta, e questo, forse si potrebbe evitare già nel centro di cottura.
Ma è su un tonno decisamente troppo freddo e troppo salato che non ci sono molte scuse (e peccato che ne venga buttata via sotto i nostri occhi una vasca piena). Mentre per il mucchio di buste di finocchi da insalata buttati via così come sono, molto si dovrebbe dire alle famiglie per come invogliano i bambini a mangiare verdura.
Invece, la portata che temevamo di più, il riso dell’asilo, ci ha sorpresi. Non era una sbobba informe, come ce la ricordavamo noi dai tempi della scuola. Era un risotto decente al sugo, anche perché per evitare che si scuocia si utilizza riso parboiled, della Lomellina.
E poi ci ha colpiti una “amorevole” torta alle mele per la merenda dell’asilo sfornata direttamente dalla cucina della mensa.
Ma sta mensa non sarà poi così male se i bambini della Coppino appiccicano in regalo disegni per le ragazze che servono al banco. O perlomeno l’ambiente è sicuramente familiare e rilassato, e si vede che ai bambini piace.
Ma andiamo per ordine.
Intanto, la mensa scolastica esiste a Torino fin dai primi anni ’80. È una specie di istituzione, che la spending review, per fortuna, non riesce a scardinare.
Ed è una macchina enorme. Un appalto che crea tanti posti di lavoro, che le ditte sono obbligati a mantenere dall’appalto precedente. Ed è anche un volano economico sui fornitori. Non a caso, per indirizzare il mercato agli acquisti a Km zero, si è pensato di iniziare proprio da una politica delle mense a Km zero.
In un giorno medio, come martedì scorso, vengono serviti 46mila 231 pasti. Di questi, 3.213 ai nidi, 12mila 627 agli asili, 27mila 108 alle elementari e 3.643 alle medie. Poi ci sono 1400 “diete speciali”, per i bambini che ne fanno richiesta.
Nei nidi e negli asili i pasti vengono cotti direttamente a scuola, come si face una volta in tutte le scuole. Per le elementari e le medie i pasti arrivano dai centri di cottura di corso unione Sovietica, Moncalieri e Orbassano, gestiti rispettivamente dalla Ladisa di Bari, dalla Camst e dalla Euturist, la prima ha vinto un lotto dell’appalto, mente le altre due riunite in raggruppamento temporaneo hanno vinto tutti gli altri 7 lotti.
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L’appalto, rivoluzionario, ha imposto l’approvvigionamento di prodotti acquistati il più vicino possibile. Con un massiccio impiego di prodotti bio.
Certo, se la carne è di razza piemontese, la mozzarella è piemontese, la verdura è commercializzata da una ditta di Stroppiana (PV), la frutta è piemontese ma se si parla di arance queste arrivano almeno dalla Sicilia, e la banana bio è dell’Equador, così come il nasello è pescato nell’Oceano di fronte al Sud Africa.
La ditta che trasporta i pasti per conto di Camst e delle altre due deve utilizzare mezzi ecologici. Sono 44 i furgoni che partono dai centri di cottura. E proprio la sincronizzazione di questi trasporti è la parte più delicata. Nei primi giorni del servizio arrivata praticamente tutto in ritardo. Oggi, sembra che gli autisti arrivino in orario.
E le scansioni sono queste.
Dalle 7 alle 8,45 partono le derrate per nidi e asili, che vengono preparate e cotte a scuola, oltre al pane e alla frutta per elementari e medie. Dalle 5 è in corso la preparazione dei pasti nei centri di cottura.
Dalle 11 alle 12,15 parte la consegna dei pasti caldi. Gli orari di refezione sono decisi dai presidi con le “commissioni mensa delle scuole”. A questo proposito un problema è rappresentato dalla capienza ridotta dei refettori che costringono ad aumentare le turnazioni.
Il cibo della mensa, piace e non piace. Ed è da sempre il regno dei gusti personali.
Il Comune affida ai dietisti il compito di stilare i menù. Ma i menù hanno anche un intento educativo: più frutta e più verdura, meno zuccheri e meno grassi.
Alle ditte viene inoltrata una ricetta di massima con le grammature a crudo di ciascun ingrediente. Poi le ditte affinano a modo loro ma senza discostarsi dalle indicazioni ricevute. I genitori ricevono un calendario che indica il menù per ogni giornata dell’anno scolastico. Oppure possono andare a vedere cosa mangiano i figli scaricando un’apposita app sullo smartphone.
Ci sono pasti che vanno per la maggiore tra i ragazzi e altri che proprio non riescono a sfondare. È il caso delle verdure, che vanno a finire regolarmente nella spazzatura, come finocchi, bolliti e crudi, i cavolfiori e in generale tutta la verdura cruda. Tra la frutta, naturalmente apprezzate le banane, meno le pere, mente la mela rossa è preferita a quella gialla.
I primi piatti sono quasi sempre apprezzati, anche se c’è una scala: prima la pasta la sugo (noi l’abbiamo mangiata con un sugo rosso con pesto che non era male); poi il riso; poi le minestrine semplici (la pastina all’asilo viene fatta a mano sul momento), poi i passati di verdura che se hanno qualche buccia sono odiatissimi.
Tra i secondi, i ragazzi preferiscono lo spezzatino di pollo, le polpette asciutte, la salciccia. Il pesce non viene più servito a filetti, dopo che un bambino, tempo fa, aveva trovato una spina. Da allora il pesce viene trasformato in anonime polpette I legumi li mangiano solo se in minestra, mentre si ricorda ancora il fiasco di un tortino di ceci con il quale si volevano introdurre nel pasto maggiori proteine vegetali. Se poi una cosa è nuova, è difficile che i ragazzi la mangino.
La carne è centellinata e si può anche richiedere la dieta speciale vegetariana. Ma senza arrivare alla insistenza di una madre che ha protestato fino alle più alte sfere perché il bambino di appena nove mesi non poteva avere diritto a un menù vegano senza latte e uova. La dieta vegetariana viene servita solo a partire dai 12 mesi di età ed è sempre “ovolattica”. La mamma vegana dovrà farsene una ragione.
Non vengono serviti fritti di nessun genere: quando c’è una ricetta impanata la cottura avviene al forno. Alle medie, una volta l’anno, si copia McDonalds e si serve l’hamburger (di carne piemontese) con ketchup o maionese: accolto sempre da un’autentica ovazione. A proposito di carne di razza piemontese, per accertare che i fornitori non facciano i furbi vengono commissionate indagini genetiche per stabilire la reale provenienza della carne. Altre analisi, a cura del Laboratorio chimico della Camera di Commercio, vengono svolte su frutta e verdura per scovare eventuali tracce di pesticidi. Così, come l’acqua, di rete e non in bottiglia, che viene prelevata sempre dallo stesso rubinetto in ciascuna scuola, sottoposto ad analisi della Smat.
E ora veniamo alle porzioni.
C’è un prontuario lunghissimo e meticoloso dove sono indicate tutte le grammature di ogni ingrediente che va nei pasti dei bambini, divisi per fasce di età.
È vietato concedere il bis, per rispettare le quantità indicate dai dietisti nella lotta all’obesità. Tanto per fare qualche esempio, per i bimbi dell’asilo ci sono 50 grammi di pasta; 30 grammi di pastina; 30 grammi di semola; 60 grammi di tacchino impanato al forno.
Ossessione anche questa. Perché i bambini mangino abbastanza ma non troppo, per essere salutisti ed educativi anche attraverso la pausa mensa.
scusi,pero’ dire che a 9 mesi un bambino dovrebbe mangiare uova e latte e’ assurdo! tutti i pediatri e nutrizionisti si sa non consigiliano consumo di latte vaccino prima di un anno di eta’ perche molto allergenico! idem per l’uovo! e’ allucinante il suo commento! si informi bene cosa sia sano per favore
Grazie del commento. Ma i pediatri del Comune di Torino hanno le idee chiare. I nutrizionisti sono loro. I professionisti sono loro. La dieta vegetariana non “ovolattica” ai bambini è stata riconosciuta sono con questo anno scolastico dietro una rigorosa certificazione del medico di famiglia che attesta che in famiglia la dieta seguita è bilanciata.
Se qualcosa è “allergico” lasciamolo dire agli esperti riconosciuti come tali dalle istituzioni.
Massimiliano Borgia
articolo interessante, anche secondo me non si mangia poi così male.
Però almeno nel comune di Torino, la maggior parte delle lamentele è sui consti.
L’impressione è che con la quota pagata per la mensa, il comune ci copra ben altri servizi, e questo è ingiusto.