Torino “L’obesità infantile si combatte mangiando in mensa”
In Italia, l’obesità infantile ha smesso di crescere e si è stabilizzata, ma presenta ancora percentuali troppo alte.
I ragazzi tra l’età delle scuole elementari e medie che sono sovrappeso arrivano al 20,9% mentre gli obesi veri e propri sono il 9%.
Nel 2008 erano, rispettivamente, il 23,2 e il 12%.
Tra le regioni con caratteristiche culturali miste tra culture tradizionali, nuove culture degli immigrati e culture urbane, si assiste allo stesso trend. Tra queste, il Piemonte ha dati migliori attestandosi su un 18,6 e 6,7%. Ma anche qui solo con un calo di un paio di punti in percentuale. Insomma, c’è ancora molto da fare, visto che l’obiettivo è arrivare a un livello di obesità infantile davvero minimo, legato solo a malattia cronica e non a stili di vita.
Il problema dell’obesità infantile è invece legato a contesti culturali e sociali dove manca una cultura della corretta alimentazione. E per cambiare gli stili alimentari il ruolo principale ce l’hanno le mense scolastiche. Una specie di lusso che oggi in Italia è concesso solo ai cittadini delle metà dei comuni italiani, quasi tutti concentrati al Nord. Tutti gli altri non erogano pasti a scuola: l’alimentazione dei ragazzi non può, quindi, essere orientata in modo unitario e coerente con le linee guida di prevenzione della salute.
Del ruolo delle mense scolastiche nell’educazione al cibo salutare si è parlato al seminario Mangiare a scuola, organizzato a Torino dalla Città metropolitana, venerdì 1 aprile 2016.
Marcello Caputo, dell’Assessorato sanità della Regione Piemonte ha ribadito che anche nei piani di prevenzione sanitaria il primo obiettivo è cambiare il “contesto obesogenico che è fatto di aspetti sociali e culturali e per questo obiettivo la scuola è il primo ambito su cui lavorare”.
Così, attraverso gli oltre 8 milioni di pasti erogati al giorno e percorsi partecipati alla costruzione dei menù che coinvolgono le famiglie si possono raggiungere solo a Torino oltre 250 mila persone, cioè più di un quarto della popolazione complessiva di questa grande città.
Tra questi obiettivi c’è l’introduzione massiccia della frutta nelle scuole come merenda di metà mattina e, anche per giovani, la riduzione complessiva del sodio negli alimenti.
Una proposta concreta per aumentare il consumo di frutta e verdura a scuola è arrivata da Claudio Marsili di Camst, l’azienda che eroga la maggior parte dei pasti delle mense scolastiche torinesi.
“Se la frutta gliela diamo come merenda del mattino al posto della pizza o delle merendine, gli zuccheri delle frutta erogano la giusta energia per arrivare al pasto senza essere alimenti troppo energetici o grassi. Poi, se a pranzo in mensa serviamo prima il secondo e poi la pasta siamo più garantiti sul fatto che i ragazzi mangeranno la verdura, visto che avranno fame, tanto la pasta anche se servita come secondo, la mangiano lo stesso”.
L’Università di Torino con Egidio Dansero e Alessia Toldo ha presentato un studio, collegato al progetto di Atlante del cibo, che ha evidenziato come siano ancora troppo pochi i progetti collegati all’educazione alimentare nei comuni dell’area metropolitana di Torino (86 comuni su 315).
Eppure, vivere in una città, per la maggior parte dei ragazzi, vuol dire soprattutto avere contatto con il cibo che è il principare veicolo di contatti sociali. In un’altra ricerca dell’Università su come è percepita la città tra gli adolescenti le parole “mangiare”, “cibo”, “pizza”, vengono subito dopo la parola “amici”.