Il salampatata, dal Canavese un insaccato dei tempi poveri
Di Marco Panzarella
Ci sono ricette che nascono in periodi di grande difficoltà, quando le materie prime scarseggiano e la necessità è cucinare cibi nutrienti con pochi ingredienti a disposizione. È il caso del salampatata, un gustoso insaccato ideato dai contadini del Canavese nei mesi freddi della seconda guerra mondiale, oggi noto in tutto il Piemonte e riconosciuto come Prodotto agroalimentare tradizionale italiano.
Il salampatata è stato uno dei prodotti protagonisti dell’educational tour nel Canavese riservato ai giornalisti accreditati al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino. Per vedere come si fa questo salume tipico canavesano, i giornalisti sono stati ospiti del salumificio Nadia in frazione Arè di Caluso, accolti dal titolare Pietro Moriondo.
La preparazione è semplice: la carne di maiale (60%) viene tritata insieme alle patate bollite, ottenendo una sorta di impasto che gli operai specializzati mescolano, rigorosamente a mano, aggiungendo una grande varietà di spezie, fra cui chiodi di garofano, noce moscata e cannella. Successivamente, attraverso un apposito macchinario, il prodotto viene insaccato in budelli di maiale naturali e lasciato a riposo per un giorno.
Trattandosi di un salume fresco, il salampatata deve essere conservato in frigorifero e consumato entro dieci giorni dalla preparazione. C’è chi lo mangia direttamente spalmato sui crostini di pane oppure, dopo essere stato “impanato” con uova e parmigiano, sotto forma di frittelle cotte in padella o al forno.