L’amaro cerca i giovani e lo promuove Izabella Zwack in persona
L’amaro è da sempre il liquore che sta in un limbo, sospeso tra gli alcolici e gli elisir medicamentosi. E il suo posto, per lungo tempo è rimasto piazzato a metà strada tra il bancone del bar e gli scaffali della farmacia.
Ora, proprio questa forma ibrida sta alla base di una nuova identità dell’amaro, una bevanda antica alla ricerca dei giovani, un bere ricercato da mixare con i colori e gli alcoli di più largo consumo festaiolo.
Izabella Zwack, proprietaria con il fratello Sandor dello storico amaro Unicum, quello con l’inconfondibile bottiglia tonda, sta girando l’Italia proprio per promuovere l’amaro come bevanda giovane.
Il prodotto che viene presentato nei locali da movida della Penisola è Unicum Prugna, che, come si legge sui flyer pubblicitari, è «l’unico liquore al mondo ad invecchiare su un letto di prugne secche». Ne viene fuori un amaro stemperato che si presta molto ai cocktail.
Il tour ha fatto tappa a Torino da Vermouth Anselmo, locale di via Belfiore, nel cuore di San Salvario. Qui si è svolto un educational-masterclass per giovani barman con il barman Diego Ferrari.
All’evento ha partecipato Izabella in persona tramandando in questo modo la tradizione di famiglia che vuole la famiglia Zwack impegnata sempre direttamente nella promozione del suo amaro.
«L’amaro è prima di tutto un “gusto”. Un gusto non facile, perché il “gusto amaro” non si può apprezza senza conoscerlo, senza educazione, senza accompagnamento – osserva l’erede della dinastia dell’amaro Unicum – Un bambino non apprezza l’amaro ma solo il dolce e il salato. È per questo che le multinazionali del cibo e delle bevande puntano ad esaltare questi due gusti. Ma l’amaro, un po’ come il gusto aspro, una volta apprezzato ha una nicchia di forti estimatori. E in Italia, così come in Paesi come l’Ungheria, è da sempre un sapore molto apprezzato».
Il gusto amaro è da sempre accettato come “positivo” se associato al medicamento, alla medicina.
E l’amaro Unicum nasce così, nel lontano 1790, come “digestivo” di corte dell’Impero asburgico. L’ungherese Zwack era erborista e aveva il problema di creare un elisir che aiutasse i succhi gastrici asburgici a smaltire pasti pesanti, ricchi di grassi. L’idea dell’amaro, che in pratica è infuso di erbe in vino e alcol, parte quindi dalla sua componente erboristica, cioè dalle erbe, con i loro principi attivi, più che dalla componente alcolica.
Poi, l’amaro è diventato il bicchierino che conclude normalmente un pasto, per tutte le categorie sociali. Anche se qui in Italia viene dopo il caffè, per le generazioni dopo i 40 è ancora l’ultima cosa che entra nello stomaco proprio perché “fa bene” alla digestione.
Ora, l’amaro si afferma nel mondo “mixology” cioè nei cocktail bar, ma la sua storia non può essere dimenticata.
«L’aspetto medicinale, digestivo, rimane tutto, anche perché non è mitologia è effettivamente provato che le erbe che contiene hanno diverse proprietà medicinali conosciute dalla notte dei tempi. E allora perché rinnegarlo? Certo, non vogliamo che Unicum finisca nelle farmacie, ma secondo noi si può proporre l’amaro come un bere giovane e vivace anche comunicando la sua vocazione di bevanda conviviale che ha ancora, dietro, una sapiente conoscenza delle proprietà delle erbe».
In Ungheria l’amaro Unicum si consuma tra i giovani, la sera, dopo che da lungo tempo è diventato un prodotto di identità nazionale. È qui che Peter Zwack con la moglie Anne lo ha prodotto fino al 1948, quando con la fabbrica fu nazionalizzata dal governo socialista. Allora Peter emigrò negli Stati Uniti e poi in Italia dove si portò dietro la sua ricetta fatta di 40 tra erbe e spezie, alcune distillate e altre macerate, per impiantare un laboratorio di produzione a Genova alla fine degli anni ’60. Poi, si trasferì in Toscana, prima a Firenze, dove sono nati i figli, e poi a Bolgheri dove è morto due anni fa.
L’azienda è stata, quindi, per lungo tempo un’azienda praticamente italiana, almeno fino al 1987, quando Zwack tornò in Ungheria per ricomprarsi dallo Stato la sua fabbrica.
Ora, proprio in Italia, Unicum prova a passare dalla cena al dopocena. E in questo può essere aiutato proprio dal vermouth, che da un paio di anni è in fase di ricolonizzazione delle serate torinesi, e che da Anselmo ha il punto di partenza della sua riscossa.
«Il vermouth ha un po’ una storia simile all’amaro – spiega Giustino Ballato di Anselmo – Anche il vermouth nasce come bevanda-elisir per passare come digestivo all’aperitivo. Anche il vermouth è fatto con decine di erbe e spezie, e anche il vermouth si presta ai mix. Per noi un matrimonio tra due prodotti così ricchi di storia e di storie, vocati al cocktail, è davvero di grande interesse».
Così, tanto per iniziare ecco il cocktail “Plum Negroni”: 25 ml di Unicum Prugna, 25 ml di Tanqueray, 25 ml di vermouth rosso, twist di scorza d’arancia, prugna disidratata. In un bicchiere tumbler basso miscelare Unicum Prugna, Tanqueray e il vermouth rosso. Guarnire con la scorza di arancia e la prugna, Spruzzo di soda water facoltativo.