«Se vuoi vendere ingranaggi devi offrire formaggio»
Ingranaggi e formaggi, lame e salame: non solo giochi di parole, piuttosto una sintesi gustosa della manifattura italiana.
Siamo in uno dei distretti industriali più importanti d’Italia, quello di Torino, polo strategico dell’industria meccanica nazionale. L’interporto S.I.TO di Rivalta è un centro nevralgico della logistica, con magazzini, distributori, corrieri: un continuo via vai di autotreni. Nell’area ha sede la Silco, azienda operante nel campo del trattamento metalli: sabbiatura, abrasivi, trattamenti termici. Ogni anno apre le porte a clienti, fornitori, agenti e operatori del settore per presentare la gamma di prodotti e servizi. Fin qui, tutto nella norma. L’ultima volta, però, il 14 novembre scorso, la modalità scelta per questo appuntamento è stata “la meccanica e il cibo”. Un abbinamento tra eccellenze gastronomiche del territorio e lavorazioni industriali.
«L’idea – spiega il titolare, Beppe Rosso – nasce dalla necessità, in un mondo sempre più globalizzato e in lotta con l’Europa, di riscoprire e rivalutare le nostre origini per sopravvivere e affrontare le sfide della contemporaneità». L’accoppiata tra agricoltura e industria, tra gastronomia e automazione rappresenta il manifesto di una nazione fondata sul lavoro. I prodotti italiani non nascono dal nulla, ma dall’intelligenza e dalla fatica di artigiani, contadini, operai, industriali, commercianti, professionisti, artisti. Il “made in Italy” non è frutto del caso ma è diretta conseguenza di una storia millenaria che, per nostra fortuna, non può essere clonata.
Alla Silco hanno reso il concetto palese. Il Seirass del fen, formaggio stagionato nel fieno delle vallate alpine sopra Pinerolo, e le sabbiatrici. Software gestionale e Quadret d’la tur, salame cotto con erbe di montagna in cassette rettangolari di legno di Rovere. Lingue di suocera, croccanti sfoglie di pane lievitate a Rocchetta Tanaro, birra artigianale della Val Susa e abrasivi. Paste di meliga, Moscato d’Asti e lavatrici a spruzzo. Attrezzature da lavoro ed Erbaluce di Caluso. Mocetta della Val d’Ossola e burattatura. Freisa di Chieri, affinato sulle colline oltre il Po, e stazioni di filtraggio. Formaggio DOP Salva cremasco, salame di Crema e trattamenti termici. Hanno persino coinvolto un sommelier per degustare il Dolcetto.
«Abbiamo voluto – conclude Beppe Rosso – rappresentare il territorio in modo integrato, dall’industria all’agricoltura, dal commercio alla cultura, guardando a Expo 2015 che, per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo, ha scelto un tema legato al cibo: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”»