Giornata alimentazione, a Torino il film Just Eat It
A Torino la Giornata mondiale dell’alimentazione è dedicata la tema degli sprechi.
Al centro c’è la seconda fase del progetto “Una buona occasione” promosso dalle Regioni Piemonte e Valle d’Aosta contro gli sprechi alimentari che prevede un programma con 91 istituti superiori con oltre 10.000 studenti coinvolti che assisteranno alla proiezione del film di Grant Baldwin “Just eat it”. L’iniziativa è in collaborazione con l’associazione CinemaAmbiente di Torino. E proprio il film di Baldwin viene proiettato al Cinema Massimo questa sera 15 ottobre. La regione ha sostenuto anche la duplicazione del film in Dvd.
Il film Just eat it è in realtà un docufilm.
Jen Rustemeyer e Grant Baldwin hanno raccolto confezioni di cibo scadute, prossime alla scadenza o danneggiate, integrando la dieta con frutta e verdura scartate perché fuori calibro o perché imperfette. In sei mesi hanno messo su 4 chili e risparmiato 20mila dollari. E muovendosi tra fabbriche di alimenti, fattorie e supermercati hanno documentato le follie del sistema alimentare statunitense: che spreca quasi la metà di quel che produce, mentre il 10 per cento della popolazione non mangia abbastanza.
Della campagna Una buona occasione hanno parlato nella sala conferenze della Mole, l’assessora regionale del Piemonte Monica Cerutti (che ha la delega per i rapporti con i consumatori) e il collega valdostano Aurelio Marguerettaz, Gaetano Capizzi direttore di CinemaAmbiente, moderati da Roberto Corgnati, funzionario che segue le campagne a tutela dei consumatori.
Il problema degli sprechi alimentari sta raggiungendo livelli altissimi in tutto il mondo occidentale. Solo negli Stati Uniti viene buttato via il 50 per cento del cibo prodotto.
In Italia, ogni famiglia butta nella spazzatura 119 Kg di cibo l’anno. Ma da quando si sentono gli effetti della crisi (dal 2010-2011) gli sprechi si sono ridotti del 25 per cento.
Tra le cause di questo spreco c’è la cattiva pianificazione dei fabbisogni (cioè una cattiva spesa) e soprattutto una scarsa conoscenza del significato delle diciture “da consumarsi preferibilmente entro” (che risulta sconosciuto al 50,4 per cento) e “da consumarsi entro” (sconosciuto al 38,1 per cento dei consumatori).