Da Cherasco (CN) la nuova frontiera della lumaca
La lumaca come nuova riserva di proteine, meno impattante sull’ambiente rispetto alla carne di manzo.
Ma anche una carne da riscoprire, prodotto naturale consumato fino al boom economico e poi quasi abbandonato.
Se n’è parlato a Cherasco città della provincia di Cuneo, famosa per le lumache, in un appuntamento organizzato dall’Istituto Zooprofilattico con L’istituto italiano di elicicoltura. G
razie al convegno “La lumaca nel piatto, chi va piano va sano e va lontano”, nell’ambito del 43esimo incontro internazionale di elicicoltura, si scopre che la lumaca è un cibo sano, perché si alleva in modo naturale senza bisogno di particolari trattamenti.
Il Piemonte è un laboratorio di questa nuova frontiera del mondo proteico. L’Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco è stato fondato nel 1972 da Giovanni Avagnina che è ancora il patron della rassegna di Cherasco.
L’allevamento in Piemonte è relativamente giovane. Lo sviluppo c’è stato dopo la legge regionale che in pratica non permetteva più la raccolta delle “helix” (le chiocciole piemontesi) selvatiche. Poi l’evoluzione.
Negli ultimi anni non si sono più allevate lumache autoctone in Italia: ci sono solo allevamenti di Helix Aspersa, la lumaca mediterranea più facile da allevare ma più piccola di Helix Pomatia, la comune chiocciola dei nostri prati.
La lumaca conta 8000 operatori e quasi 10000 ettari adibiti ad allevamento. In un mercato che un tempo non c’era, oggi soddisfa il fabbisogno nazionale solo per una percentuale del 30 per cento. E se un tempo era esclusivamente un prodotto raccolto, oggi in tutta l’Europa, anche in paesi dell’est, la lumaca si deve allevare. E il consumo è soprattutto nel sud e nelle isole dove è sempre stato più difficile allevare animali da carne. Gli allevamenti sono soprattutto per la vendita del prodotto fresco per il consumo in famiglia o al ristorante, anche se in Italia la lumaca non si mangia molto al ristorante.
«Ma la lumaca – incalza Giovanni Avagnina – è parte della poesia di una cucina popolare fatta per il consumo in famiglia, pucciando il pane nella salsa. Quando vai al ristorante ti danno 6 lumache e una grande quantità di salsa con burro e prezzemolo. Così la lumaca, che di per sé non ha praticamente grassi, diventa un piatto grassissimo dove il ristoratore guadagna un sacco di soldi con pochissimo sforzo». Quindi il consiglio è cucinarsele in casa con la classica, lunga, sbollentata nel brodo.
E a proteggere la qualità c’è il marchio dell’associazione che viene concesso solo se si utilizza un ciclo molto vicino al biologico e alla vita in natura. In pratica, le lumache vengono solo recintate e poi fanno tutto da sole. E, tra l’altro, proprio l’alimentazione vegetale costringe la lumaca ad un accrescimento lento che rene il suo muscolo consistente al punto giusto. Mentre alimentazioni forzatamente proteiche o attraverso prodotti per favorire la crescita gonfiano le lumache ma la consistenza diventa gommosa.
La ristorazione cerca lumache grandi ma la specie classica, Helix Pomatia, viene abbandonata perché è difficile da conservare, anche se mantiene, cotta, il 35 per cento carne su peso vivo. Ci sono lumache da guscio e ci sono ci sono chioccioline importate dal nord Africa che cuociono in 15 minuti.
Gli allevamenti sono presenti in Italia da una quindicina d’anni. Ed è un fenomeno in crescita, anche se lenta. C’è chi passa alla lumaca quasi per cambiare vita. A Biella un industriale ha rinunciato a costruire nuovi capannoni per realizzare un grande impianto da 200.000 riproduttori. A Lagnasco, centro della coltura delle pesche del Saluzzese (Cn), un grande frutticoltore ha smantellato una coltura di nettarine per impiantare un allevamento modello, uno dei pochi al chiuso.
Ma quanto si guadagna ad allevare lumache?
«La resa è di circa 1600 kg per un ettaro, che è anche la superficie minima per un allevamento da reddito. Il prezzo di vendita praticato dagli allevatori va dai 4,50 euro al Kg ai 10 euro se vendute a un ristorante. In pratica, quindi, si parla di redditi lordi da 20-40000 euro per impianti di circa un ettaro. Ma oltre questa dimensione non si può essere da soli, ci vuole un socio o un collaboratore, perché la lumaca richiede un’attenzione quotidiana per rimuovere gli esemplari morti e spostare i piccoli».
Poi, in autunno c’è il “raccolto”, per un prodotto che rimane pur sempre “di stagione”, consumabile in autunno-inverno.
La lumaca deve “opercolarsi”, cioè deve chiudere il guscio con il caratteristico tappo bianco calcareo in vista del letargo invernale, dopo; dopo “opercolata” è più resistente, perché blocca il metabolismo. Prima dell’opercolatura il mollusco è sottoposto a digiuno per espellere tutti i residui alimentari nell’intestino. Quindi, una volta opercolata contiene anche meno materiali intestinali putrescibili.
Le lumache vanno messe al fresco in modo da farle rimanere retratte e chiuse nel loro involucro. Ma ci sono specie vendute vive, “correnti” come si dice, anche se sembra una battuta. Con queste lumache vive bisogna valutare consistenza e reattività del mollusco. I soggetti morti vanno asportati. Se ci sono troppe lumache morte in una retina non vanno comprate.
Il prodotto fresco non dura molto ma le lumache “opercolate” si possono conservare per mesi. La buona opercolatura garantisce un animale vivo anche mesi in autunmo-inverno. È importante che gli animali siano sani e siano stai ben nutriti in modo da produrre opercoli calcarei consistenti che offrano un buon isolamento.
Poi, si tratta di cucinarle. «Ci vogliono tre ore per la Pomatia ma molto meno per le chiocciole mediterranee: il consiglio è di condirle soltanto con un filo di olio e qualche erbetta», dicono i cuochi. E in fin dei conti la chiocciola non è poi così malvagia da mangiare. Bisogna, però, utilizzare solo il “piede”, scartando l’intestino, perché dà il disgustoso gusto di terra che molti, a torto, considerano caratteristico di questo mollusco.
Ma oltre al consumo a tavola (si fa pure un caviale con le uova) c’è la nuova frontiera farmacologica e cosmetica. Anzi, ormai lo sciroppo alla bava di lumache è molto utilizzato contro la tosse, così come sono celebri le creme alla bava di lumaca (in certe beauty farm ti mettono anche le lumache sulla faccia): la bava contiene un antibiotico naturale che abbatte la carica batterica della pelle e la arricchisce di proteine.
Insomma, nuovi modi di guardare a uno degli animali più popolari della nostra cultura.
Nuovi modi di pensare alla cara vecchia lumaca che, con la sua proverbiale lentezza, sta facendo sempre più strada.
se moltiplico 1.600 kg a 10 euro al kg (massimo guadagno) arrivo a 16.000 euro lordi…… come si calcolano i 40.000 indicati dall’articolo?
grazie