La nuova vita di Sara, la scienziata che ha scelto le fragole
Lasciare il posto da ricercatrice, impegnata nella battaglia contro il cancro, per mettersi a coltivare fragole.
Sara Droetto, biologa, ha lavorato in laboratorio per 20 anni, negli Usa, poi a Perugia e, infine, al Centro ricerche di Candiolo, Torino, uno degli ospedali più prestigiosi al mondo nella lotta contro i tumori.
Oggi, ha lasciato perdere il microscopio, i vetrini e le provette per dedicarsi all’agricoltura nelle colline di fronte a casa, al confine tra i comuni di Rivalta e Villarbasse, nei pressi di Torino.
La storia di Sara è quella di una donna che, passati i 40, senza ancora un posto fisso, decide di smetterla di rincorrere un sogno impossibile da realizzare, un’assunzione definitiva nella professione per cui si è preparata tutta una vita.
È la storia di una madre di famiglia con un lavoro prestigioso ma sempre precaria, che non vuole andare all’estero e che sceglie di riportare indietro le lancette della vita per ricominciare da capo con i frutti di bosco.
“Amavo il mio lavoro – ricorda Sara – ma dopo tanti anni continuavo a non avere uno straccio di diritto. Mai un’assunzione a tempo indeterminato, sempre contratti rinnovati per due o tre anni. Contratti diversi, come si usa negli ambienti della ricerca per poter utilizzare i fondi disponibili. E sempre senza un ruolo ben definito”.
Sara avrebbe potuto cambiare semplicemente laboratorio, ma la frustrazione è di quelle che invita a scelte radicali.
A quel punto, era il 2006, si mette in testa di cambiare vita.
“Mi è venuto in mente di mettermi a coltivare fragole. È stato come un tarlo fisso. Mi sono appassionata, documentata. Ho così iniziato a girare le colline per trovare un terreno, e a cercare sul Internet le migliori soluzioni per l’impianto”.
Alla fine, decide per questo versante ben esposto della Collina morenica, tra la pianura torinese e la val Sangone. Un posto perfetto per le fragole, ma dove il terreno è argilloso. L’unica soluzione è una coltura fuori suolo, in grandi tunnel coperti.
Sara non si muove come una freak che fugge dalla città per scoprire la campagna. Fa una vera scelta d’impresa.
“Ho voluto le fragole perché sono piccoli frutti: un prodotto a crescita rapida che è sempre più richiesto anche dall’artigianato alimentare con cui è possibile spuntare un prezzo maggiore rispetto ad altra frutta e dove è necessario un consumo o la trasformazione a poche ore dalla raccolta”.
La fragola di Sara è la ormai celebre “Mara dei Boschi”, una della centinaia di varietà di fragole che deve la sua fortuna al felice incrocio tra le varietà di “fragolina di bosco” e le varietà rifiorenti. Ne è venuta fuori una fragola rifiorente dal sapore delicato e dalla pasta morbida che in ambiente chiuso produce frutti dai primi di maggio a metà novembre.
Sara si è innamorata della sua fragola. “A differenza dei fragoloni, che attirano per la loro dimensione, la Mara dei Boschi è meno fibrosa ed è molto adatta per la pasticceria e la gelateria”.
Ora, dopo 8 anni, la scommessa è vinta. “Per sei mesi il lavoro con le fragole mi garantisce uno stipendio che è paragonabile a quello che percepivo quando facevo la biologa oncologica. Il problema sono gli altri sei mesi, quando non c’è produzione”.
Ma, in vista, c’è un nuovo ramo d’azienda. Un rustico ristrutturato sarà adibito a locale per la trasformazione dei piccoli frutti (fragole, ma anche lamponi e mirtilli) che diventeranno marmellate e succhi di frutta. In più ci sarà spazio per una parte agrituristica, “per dare la possibilità ai turisti che visitano Torino di rilassarsi in messo al verde”.
La produzione delle 4000 piantine di fragole di aggira sui 20 quintali l’anno e viene quasi tutta assorbita da pasticcerie e gruppi di acquisto.
“Il mio migliore cliente è Marco Vacchieri, un pasticcere “emergente” di Rivalta torinese, che ha scelto di specializzarsi nella gelateria di alta qualità. È un artigiano molto attento alla materia prima, per il suo gelato alla fragola usa un’alta percentuale di frutti. Per me questi sono i clienti che possono davvero valorizzare le mie fragole”.
Le fragole sono coltivate in un impianto a fertirrigazione, assemblato con componenti diversi e dove Sara ha utilizzato per 3 anni la consulenza di un agronomo.
Nel tunnel (diverso dalla serra) le piantine sono sospese su grondaie in due file sovrapposte e piantate in sacchetti di substrato di origine vegetale che serve solo per fare attecchire le radici. Ciascuna piantina è quasi collegata a un tubicino che è a sua volta collegato con le tubazioni dell’impianto. Il nutrimento arriva con l’acqua attraverso questi “capillari” e deve essere dosato a seconda delle fasi vegetative mescolando i soliti componenti base di fosforo, azoto e Sali minerali. I fiori sono frequentati dalle api di un vicino apiario che Sara ospita apposta per favorire l’impollinazione.
“Questa non è una coltura biologica. Gli organismi di certificazione non approvano le colture che non siano in suolo. È un impianto, con molta tecnologia, ma questo non significa che non sia attenta a un prodotto il più possibile pulito”.
Per Sara la tecnologia non esclude la qualità.
“Se coltivi il tuo orto per hobby puoi anche fare a meno della tecnologia e della chimica. Ma se vuoi produrre per vivere non puoi pensare di fare agricoltura come si faceva un secolo fa. Ma io sono biologa, conosco gli organismi. So bene che la chimica è parte della natura, tutto sta a non abusarne, ad usarla con criterio”. Detto da una che lavorava contro il cancro.
La chimica di Sara sta nei fertilizzanti da fertirrigazione e nei prodotti contro le malattie e gli insetti.
“Uso prodotti come il piretro, consentiti dall’agricoltura biologica, ma che non vuol dire che siano velenosi se assunti in alta quantità. Per questo, ho imparato a dosare i trattamenti e i concimi per evitare eccessi nocivi per me che qui ci lavoro e per l’ambiente. Anche se il consiglio degli esperti è sempre di abbondare con i sali fertilizzanti e con gli antiparassitari. Per esempio ho constatato che, dosando bene i Sali, non solo ottengo lo stesso risultato di crescita ma le fragole sono più buone”.
L’acqua piena di nutrienti che non viene assorbita dalle piantine, scola nelle grondaie e viene raccolta per irrigare i lamponi, i mirtilli e gli ortaggi. C’è anche una raccolta di acqua piovana, che però non copre tutto il grande fabbisogno della fertirrigazione.
Ogni tanto partono gli spruzzatori d’acqua che umidificano l’ambiente e lavano le piante dalla polvere. Un altro gesto di attenzione.
La stessa attenzione che va messa nel raccogliere le fragole, nel tagliare via le foglioline ingiallite e gli stoloni.
Ma a Sara questa vita piace. E la consiglia ad altre donne che, che come lei, hanno un sogno.
D’altra parte non è poi così male vedere crescere le proprie fragole senza rimpiangere la vita da precaria, Guardano la metropoli da una verde collina, così, dall’alto in basso.