Mucca pazza, “nessun rischio in Italia”
“Nessun rischio mucca pazza nel nostro Paese” lo precisa Maria Caramelli, Direttore generale dell’ Istituto Zooprofilattico di Torino-Centro di Referenza Nazionale per la Bse.
L’intervento avviene dopo un comunicato emesso da un’associazione di consumatori, la Codici, che ipotizza una nuova recrudescenza del morbo alla luce di 7 casi sospetti che in questi ultimi mesi avrebbero riguardato altrettante persone in alcune regioni italiane.
“In Italia controlli severi e sicurezza assoluta per il consumo di carne. In merito alle notizie diffuse su un ritorno dell’allarme “mucca pazza” in Italia, il Centro di Referenza Nazionale per la BSE dell’Istituto Zooprofilattico di Torino ricorda che nel periodo in cui l’Associazione Codici presume sia avvenuto il contagio (primi anni Duemila), era già attivo in Italia il sistema di controllo sulla BSE su tutti gli animali destinati alla tavola degli italiani. Da allora sono stati effettuati oltre 7 milioni di test rapidi su bovini prima del loro ingresso nella catena alimentare.
Non solo, si è applicato costantemente l’eliminazione dei tessuti animali di cui si è accertata la possibilità di contaminazione con l’agente della malattia (prione).
“L’efficacia delle misure di controllo intraprese – aggiunge Maria Caramelli – è testimoniata dal drastico decremento dell’incidenza della BSE nel nostro Paese e in tutta Europa: l’ultimo caso in un bovino è stato identificato nel 2011. I 145 casi complessivamente riscontrati in Italia sono uno dei numeri più bassi registrati tra i Paesi dell’Unione Europea”.
Il sistema di sicurezza italiano, coordinato dal Centro di Referenza dell’Istituto Zooprofilattico di Torino e dal Ministero della Salute, è stato riconosciuto così efficace da ottenere il riconoscimento dell’OIE (Organizzazione Mondiale della Sanità Animale).
L’Italia si è sempre posta all’avanguardia nella ricerca su mucca pazza tanto da essere chiamata per assistenza scientifica dal governo degli USA.
“Nessun allarme pertanto – afferma ancora Maria Caramelli – e una sicurezza assoluta per il consumo di carni bovine nel nostro Paese, ora come dieci anni fa. Ma, vista la comparsa della malattia in allevamenti bovini in altri continenti, quali Asia e Sudamerica, la sorveglianza deve comunque mantenere standard elevati per intercettare anche le eventuali forme atipiche di BSE e garantire il massimo di livello di protezione dei cittadini”.