L’Unesco salverà le Langhe dal cemento?
Ora che le Langhe, il Monferrato e il Roero sono patrimonio dell’Umanità, si salveranno dal cemento?
Quel cemento voluto da amministrazioni comunali che, proprio negli anni in cui maturava la proposta di chiedere all’Unesco questo prestigioso riconoscimento (ormai 11 anni fa), chiedevano a gran voce che la Regione passasse Piani regolatori zeppi di villette a schiera in versanti di argilla e arenaria che ad ogni temporale dimostrano la loro franosità.
Oppure Piani di insediamenti produttivi, giocati con la carta della ricostruzione del dopo alluvione del 1994, che sono andati ad occupare quasi tutto il piano vallivo del Tanaro.
All’inizio, addirittura, l’amministrazione regionale retta da Mercedes Bresso, al rilancio della proposta di inserire le Langhe e il Monferrato nella lista dei siti Unesco, si trovò il muro delle amministrazioni locali che avevano solo paura di non poter ingrassare ancora i geometri di paese e i costruttori di zona.
Poi è arrivata la crisi dell’edilizia. Le villette sono state vendute a fatica (vendute anche quelle scandalose costruite all’ingresso di Grinzane, con il suo castello cavouriano che è una delle icone del Piemonte). Molti dei capannoni tra Alba, Roddi e Gallo, tra Isola d’Asti e Motta, tra Bra e Alba, sono rimasti scheletri.
La mentalità ha iniziato a cambiare.
Un anno fa, in un’intervista, l’allora assessore regionale al turismo Alberto Cirio, albese Doc, ci spiegò che il Barolo aveva fatto cambiare idea ai proprietari dei terreni e ai sindaci. “Le vigne ormai rendono talmente tanto – ci disse – che non conviene più costruire. Conviene coltivare. Per questo non ci sono più le resistenze del passato”.
Insomma, da quelle parti sembra che, alla notizia di oggi, arrivata da Doha in Quatar, abbiano stappato le bottiglie per festeggiare spinti solo dai soldi, e non dall’amore per la loro terra che questo riconoscimento ha sigillato.
Del resto, come si è affrettata a sottolineare la Coldiretti, l’iscrizione dei “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, potrebbe valere una crescita del turismo intorno al 30% nei primi cinque anni sulla base degli effetti sui siti promossi in passato.
Un effetto turistico che spingerà in alto la produzione vinicola grazie alla nuova concentrazione di turismo enogastronomico che, in Italia, da solo, vale 5 miliardi ed è in continua crescita.
Monferrato, Langhe e Roero coprono, sempre secondo stime Coldiretti, coprono il 90% della produzione vinicola del Piemonte, che è complessivamente pari a circa tre milioni di ettolitri di vino l’anno con un fatturato sui 335 milioni di euro con il 60% dell’intera produzione che è esportato in Germania, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Stati Uniti.
Intanto, comunque, mentre la mentalità stava cambiando e Alba, si consolidava da città esclusivamente industriale a città turistica, mentre l’Università del gusto di Pollenzo sfornava i primi laureati che in tutto il mondo hanno contribuito a diffondere l’immagine di queste terre come terre di enogastronomia di qualità, mentre a Brà si consolidava Slow Food con Cheese, la più grande fiera mondiale del formaggio sostenibile, partiva e subito si bloccava lo scandaloso nuovo ospedale di Verduno, ecomostro sulle colline dei grandi vini dell’Unesco, osteggiato da Slow Food e ambientalisti ma portato avanti anche per accontentare interessi trasversali.
Oppure si inaugurava quella selva di svincoli e rotonde tra Cherasco e Bra che sembra un gioco dell’oca stradale. Oppure si assisteva al quasi totale riempimento degli spazi agricoli tra Bra e Alba, dove ora praticamente c’è una lunga striscia di capannoni; sempre aspettando il completamento di quella autostrada Asti-Cuneo, a lungo rimasta senza soldi ma oggi quasi conclusa con la sua striscia di soprelevate e rilevati, che danno il colpo mortale al paesaggio della val Tanaro, cerniera tra Langhe e Roero. Chi la voleva diceva che avrebbe dato la possibilità ai comuni di costruire capannoni appetibili nei pressi degli svincoli.
Ci viene anche in mente il progetto presentato addirittura al festival del paesaggio di Rocchetta Tanaro da un gruppo di imprenditori presentati al pubblico proprio dagli amministratori locali. Proponevano di realizzare una cittadella dell’eccellenza enogastronomica italiana (di tutta l’Italia) nella piana del Tanaro più o meno all’intersezione tra Asti-Cuneo e Torino-Piacenza. Un outlet alimentare, quasi un paese finto, con un’estensione enorme.
Poi, i tanti capannoni costruiti tra Canale, Vezza e Alba; a San Damiano, a San Martino alfieri; i centri commerciali intorno ad Asti, una Città, quest’ultima che non riesce a migliorare il suo appeal turistico.
E tutto questo, mentre l’Alta Langa si spopola, mentre pezzi di Monferrato hanno solo più paesi fantasma senza servizi per chi ci voglia tornare a vivere.
Adesso chissà se la ricchezza che si preannuncia con il riconoscimento Unesco spingerà a cambiare davvero registro, anche dopo la crisi, magari quando il mercato immobiliare sarà di nuovo in crescita. Anche quando i Comuni avranno magari di nuovo un po’ di soldi da investire.
Diciamo che da oggi, almeno, si scontrano due interessi, entrambi forti: conservare per coltivare ed esportare, e per ospitare i turisti, e costruire per far fare tanti soldi, tutti e subito, alla vecchia lobby del cemento.
Oggi quelli del cemento e dell’asfalto tacciono.
Parlano solo quelli del vino, quelli dei consorzi dei produttori che confidano di vendere le Langhe e il Monferrato sempre più al mondo intero.
“E’ il giusto riconoscimento ai vignaioli che hanno preservato le colline di Barolo e Barbaresco con i loro vigneti sapientemente coltivati nel rispetto delle tradizioni e del sapere contadino – dice Pietro Ratti, presidente del Consorzio di tutela Barolo e Barbaresco – Per noi l’Unesco è uno stimolo a continuare a fare bene con ancora maggiore responsabilità al fine di lasciare ai nostri figli questo meraviglioso territorio che ci hanno consegnato i nostri padri”.
Speriamo che per queste colline straordinarie sia davvero iniziata una nuova era.