Torino, nel panificio elettorale dove si impastano politica e tagliatelle
Un locale di un kebabbaro trasformato in panificio dove si fanno il pane, la pizza e le tagliatelle.
Santini e volantini distribuiti dentro sacchetti del pane che contengono anche una manciata di chicchi di grano.
Nulla da dire sull’originalità di Michele Curto, il capogruppo di Sel in consiglio comunale a Torino candidato alle regionali in Piemonte, che per la sede del suo comitato elettorale ha scelto una location foodie nel cuore del quartiere San Donato in via Principessa Clotilde angolo via Saccarelli.
Nel “panificio delle idee”, come ha ribattezzato l’ex kebbabberia, si svolgono le riunioni e gli incontri politici, si programmano i tour elettorali, si distribuiscono i manifesti da affiggere e… si fa il pane, giocando tutto il messaggio politico sulle metafore della “condivisione” del panificare, mangiare e fare politica; della “ricetta”, delle tagliatelle e del cambiamento; degli “ingredienti giusti” per fare la pizza e per la buona politica.
Il format elettorale, inedito per Torino, è soprattutto un modo per spendere poco, e poi per distinguersi e piacere al mondo di riferimento di Michele Curto, quello dei giovani impegnati e comunitaristi, figli di Don Ciotti, di Libera e soprattutto Terra del Fuoco.
“Per l’intera campagna elettorale spendo 20 mila euro – spiega Curto – Questo locale è stato dismesso dal titolare, un curdo-turco nostro amico. Per due mesi abbiamo rilevato l’affitto a 550 euro al mese, poi abbiamo fatto stampare il materiale: manifesti, volantini, adesivi, un giornale e soprattutto i sacchetti da pane, personalizzati con il mio nome e un breve testo che sintetizza il mio programma elettorale, costo 1 centesimo. Ma abbiamo anche fatto arrivare i sacchi di farina (una farina di un grano raro, del Cadore) e abbiamo sistemato il forno elettrico”.
Dalle vetrine sembra proprio una panetteria, e qualcuno del quartiere viene persino a farsi il pane o a farsi dare qualche pagnotta.
“Abbiamo scelto questa metafora perché fare il pane è un atto conviviale, comunitario, collettivo. In una politica dove le parole hanno perso il loro sento mi è sembrata una piccola cosa utilissima per esprimere cose vere. E poi a me è sempre piaciuto il pane, e qualche tempo fa ho lavorato come aiuto pizzaiolo”.
All’inaugurazione c’erano 250 persone. Il pane si fa la domenica, con una ventina di supporter che impastano, mettono in forno e insacchettano.
“Il pane lo facciamo in modo diverso a seconda di chi si mette al lavoro. E, visto che c’è sempre più gente che si fa il pane in casa, c’è chi passa e ci propone la sua ricetta”.
Il pane di Curto, quindi, non ha una ricetta ma è anche questa una metafora, quella della “contaminazione” tra saperi e idee diverse. Invece la pizza-focaccia si fa soprattutto con la ricetta di Mari, volontaria per Curto e militante di Sel. “Io la faccio così: un Kg di farina, un cubetto di lievito, mezzo bicchiere di olio, sale grosso stemperato in acqua frizzante. Poi si mette in forno a 180 gradi per 25 minuti”.
Ma il top è la pasta fresca del mercoledì, a cena. A portare le sfoglie per le tagliatelle è la madre di Michele, Olimpia Guerrieri, impiegata alle Poste, che impasta in casa e si fa aiutare nel trasporto dal marito Andrea Curto, operaio Teksid in pensione. Al panificio, Olimpia, svolge con cura gli strofinacci dove ha posato gli strati di pasta. Posiziona la macchina manuale per tagliare le tagliatelle fa scorrere i sottili fogli di pasta tra i rulli scanalati.
Ingredienti per le tagliatelle (in versione campana) di mamma Olimpia: “8 etti di farina di grano tenero. Due uova, due tazzine da caffè di acqua tiepida per amalgamare meglio l’impasto e poi tanto lavoro di braccia e mattarello. I foglietti di pasta non devono seccare ma bisogna aspettare un pochino prima di tagliarli. Il sugo? Il più semplice possibile con salsa di pomodoro e cipolle soffritte”. Ma con la stessa sfoglia al panificio si fanno le lasagne al forno, magari di pesce, con gli strati posati direttamente da Michele ma sotto l’attenta supervisione di mamma Olimpia, che è alla sua quarta campagna elettorale da mamma del candidato. “Quando lui si candida siamo tutti in campagna elettorale – dice la signora Curto sprizzando materno entusiasmo – Perché queste cose vanno così, se hai i soldi ti paghi tutto altrimenti ti devi fare aiutare. E io che sono la mamma mi sono sempre impegnata in prima persona”.
Così, il comitato elettorale diventa la cucina di casa, con un occhio all’acqua che bolle e un altro ai sondaggi, aspettando il 25 maggio, quando, comunque vada non mancheranno pane, pizza e tagliatelle.